Lot Essay
"Fontana è stato, fin dal 1933-34, l'artista italiano più risoluto a tagliare i ponti con tutte le tradizioni, a proibirsi ogni sviluppo che non fosse un salto qualitativo. È stato insomma il meno programmato, ma uno dei più coerenti artisti del nostro secolo. Quando, per una volta, si è messo alla testa di un movimento, l'ha chiamato Spazialismo: ma non era una teoria né una poetica dello spazio, era soltanto l'affermazione lucida e ferma che qualsiasi cosa coscientemente si faccia è un fare lo spazio. La sua è una sconfessione radicale di tutte le 'rappresentazioni' dello spazio per mezzo della pittura e della scultura tradizionali. Un dipinto è sempre una superficie colorata, la sua forma ideale è il piano; una scultura è sempre un volume plastico, la sua forma ideale è la sfera. Come scultore, Fontana distrugge la scultura: modella grandi sfere e le spacca. Come pittore, distrugge la pittura: distende il colore sulla tela e poi la fende, con uno o più tagli rapidi e netti come rasoiate. È un gesto; ma il gesto che spacca la sfera mette in comunicazione lo spazio esterno con l'interno, il gesto che fende la tela ristabilisce la continuità tra lo spazio al di qua e lo spazio al di là del piano. Con quei gesti volitivi, irrevocabili Fontana ha distrutto la finzione spaziale propria della scultura e la finzione spaziale propria della pittura. E distruggere una finzione significa recuperare una verità. Il gesto negativo di Fontana è anche un gesto conoscitivo: si dica pure, consapevolmente 'intellettuale'. Indubbiamente, per lui, lo spazio che si inventa e si fa con l'arte non ha alcun rapporto con lo spazio della scienza o con quello della nozione comune: anche per Fontana, dunque, l'arte non dipende da una cultura esterna all'arte, non si muove nell'orbita di alcuna filosofia o ideologia. Ciò tuttavia non dipende da un brutale rifiuto della cultura, ma dalla persuasione che la cultura che si realizza nell'arte è autonoma e insostituibile."
(G. C. Argan, L'arte moderna, Firenze 1988, p. 583)
(G. C. Argan, L'arte moderna, Firenze 1988, p. 583)