Lot Essay
I dipinti di Lucio Fontana non possono semplicemente essere definiti "quadri". Si tratta piuttosto di strutture spaziali rese visibili su una tela. L'artista anzitutto concepisce un modo di organizzare lo spazio (operazione da cui discende il titolo Concetto Spaziale che lega tra loro i dipinti di Fontana come in una serie) e in seguito trasferisce questo suo pensiero sulla tela, dandogli concretezza materiale. L'artista stesso chiarisce questo punto in una celebre intervista (in Bit, n. 5, ottobre-novembre 1967): "Intanto io non parlerei di quadro; già le opere che facevo nel '46 non le ho mai chiamate quadri, ma fin dall'inizio le ho chiamate 'concetti spaziali' e questo perché per me la pittura sta tutta nell'idea. La tela serviva e serve per documentare un'idea". Il Concetto Spaziale di Fontana è dunque un oggetto materiale nato da un'unione tra la capacità ideativa e quella operativa dell'intelletto umano; nessuno dei due aspetti può essere considerato prevalente. Proprio per la possibilità di unire l'attività teorica e quella pratica, l'operazione artistica diventa metafora delle potenzialità creative dell'intelletto umano.. In queste opere l'artista è cogitans e faber allo stesso tempo
La struttura spaziale di Fontana non si dispiega solo nelle due dimensioni tradizionali della pittura, ma esplora anche la terza e addirittura la quarta, quella del tempo. Questa, che è indubbiamente la caratteristica più innovativa dei dipinti di Fontana, emerge chiaramente nell'opera che ci troviamo di fronte. La semplicità primordiale della struttura bidimensionale è chiara ed appare immediatamente: il ricorrente profilo ovoidale, carico di un significato generativo, i buchi organizzati in una disposizione ordinata ma non meccanica. La terza dimensione appare proprio grazie a questi buchi, porta aperta verso lo spazio che si apre dietro la tela, tema ben noto ai conoscitori di Fontana. Nei dipinti dell'artista è però fortemente presente anche la dimensione temporale. Le serie di buchi riportano l'attenzione alla successione di gesti di Fontana che buca la tela. Attraverso questa ripetizione la scansione temporale trova un ritmo che fa da contrappunto a quello spaziale.
Quel che faccio adesso sono solo variazioni sui miei due concetti fondamentali: il buco e il taglio. In un periodo in cui la gente parlava di "piani": il piano di superficie, il piano di profondità ecc..., il mio fare un buco era un gesto radicale che rompeva lo spazio del quadro e che diceva: dopo questo siamo liberi di fare quello che vogliamo.
LUCIO FONTANA
La struttura spaziale di Fontana non si dispiega solo nelle due dimensioni tradizionali della pittura, ma esplora anche la terza e addirittura la quarta, quella del tempo. Questa, che è indubbiamente la caratteristica più innovativa dei dipinti di Fontana, emerge chiaramente nell'opera che ci troviamo di fronte. La semplicità primordiale della struttura bidimensionale è chiara ed appare immediatamente: il ricorrente profilo ovoidale, carico di un significato generativo, i buchi organizzati in una disposizione ordinata ma non meccanica. La terza dimensione appare proprio grazie a questi buchi, porta aperta verso lo spazio che si apre dietro la tela, tema ben noto ai conoscitori di Fontana. Nei dipinti dell'artista è però fortemente presente anche la dimensione temporale. Le serie di buchi riportano l'attenzione alla successione di gesti di Fontana che buca la tela. Attraverso questa ripetizione la scansione temporale trova un ritmo che fa da contrappunto a quello spaziale.
Quel che faccio adesso sono solo variazioni sui miei due concetti fondamentali: il buco e il taglio. In un periodo in cui la gente parlava di "piani": il piano di superficie, il piano di profondità ecc..., il mio fare un buco era un gesto radicale che rompeva lo spazio del quadro e che diceva: dopo questo siamo liberi di fare quello che vogliamo.
LUCIO FONTANA