Lot Essay
Siamo particolarmente lieti di poter presentare una rarissima opera di Ettore Colla, scultore tra i più innovativi, visionari e moderni nel panorama artistico degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
Acquisita direttamente da Mariolina Colla, l'opera è rimasta per decenni nella storica collezione di Carla Panicali, e appare oggi per la prima volta sul mercato delle aste.
Definita come "una delle più felici creazioni di Colla" (G. de Marchis, S. Pinto, Colla, Roma 1972, p. 73, n. 98), l'opera è "realizzata semplicemente da un trespolo in un tubo curvato che sostiene una fila di cinque tubi di scappamento. L'immagine di un organo, cosi evocato, ha suggerito il titolo" (ibidem).
L'opera appartiene alla prima fase della piena maturità artistica dell'autore - in cui la tecnica scultorea dell'assemblage si è ormai compiutamente sedimentata in Colla in forme astratte di originale e innovativa personalità - e vanta un curriculum espositivo e bibliografico, che la pone inequivocabilmente tra i lavori più rappresentativi della produzione di Colla.
Concerto viene presentata per la prima volta nel 1957 nella storica personale alla Galleria la Tartaruga, dove Colla decide di mettere in mostra 15 opere, tra le quali questa è l'unica nuova di grandi dimensioni. La mostra riceve una notevole eco critica e l'opera viene inserita nella monografia di Alloway, che dedicherà all'opera di Colla uno studio sistematico e storico, inquadrandolo per la prima volta nel contesto dell'avanguardia internazionale del XX secolo, e proiettandolo cosi tra i grandi innovatori internazionali del concetto di scultura contemporanea, in dialettica con gli scultori dada e personalità del calibro di Gonzales e Smith.
Cosa che è particolarmente degna di nota e rilevante per un artista italiano, considerata la scarsa presenza di personalità italiane eminenti nell'ambito della scultura internazionale dell'epoca - con l'eccezione di pochi isolati casi.
"Alloway, che conosce assai bene l'opera di Colla, insiste particolarmente sul recupero del rifiuto che interrompe il ciclo del consumo proprio della civiltà industriale, alla quale l'arte di Colla è legata, e richiama nello stesso tempo i precedenti del collage cubista, di Duchamp, di Schwitters. La morte per desuetudine degli artefatti industriali non è la loro fine: resta loro una specie di "presenza" in cui Colla scopre una nuova funzione. Oggetti di serie rifiutati come inservibili sono resi unici dall'atto di scelta dell'artista che attribuisce loro una nuova funzione ma, contrariamente a quanto accade in Duchamp e nei dadaisti cui lo lega il gusto dell'oggetto trovato, nell'opera di Colla diventa determinante lo stato di reperto dell'oggetto e la sua possibilità di combinazione con altri in un processo formale lungamente meditato (ibidem, pp. 26-27).
Capiamo in tal senso quanto la scultura di Colla non possa inquadrarsi come "opera di invenzione nel senso di creazione estemporanea che il termine ha acquisito: ogni scultura aveva un lunghissimo tempo di gestazione, spesso un pezzo trovato veniva accantonato per mesi, frammento indecifrabile di un'opera a venire, finché Colla non cominciava a studiarlo, a interrogarlo, a cavarne un senso da completare in un tutto nuovo"(ibidem, p. 21).
Da qui anche l'affascinante questione della datazione delle opere di Colla: vista la difficile determinazione esatta proprio per via della lunga gestazione, la critica ha classificato le opere in gruppi diversi sulla base degli studi in cui Colla trasferiva nel tempo la sua attività e sulla base delle mostre, in cui le opere - evidentemente concepite come finite dall'artista - venivano presentate.
Nel caso di Concerto, che appartiene al gruppo delle opere realizzate presso lo studio di Viale Parioli, a Roma, il tema della datazione è ben circoscritto: forse realizzata con materiale di recupero trovati all'epoca dello studio di via Aurora, Colla datava l'opera 1954, usando, come spesso faceva, la data del trasloco in viale Parioli come riferimento; di certo è stata completata nel 1957, anno in cui è presentata alla personale presso la Tartaruga.
La fortuna critica e collezionistica delle opere di Colla è stata ampia ma molto selettiva nel tempo, anche per via del corpus delle opere che è numericamente piuttosto esiguo. Alcune delle sculture furono immediatamente inglobate nelle collezioni dei principali musei italiani ed internazionali (Cariatide, Amsterdam, Stedelijk Museum ; Mosè, Amirim, Sculpure Garden; Grande spirale, Carro solare, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) altre sono rimaste - come nel caso di Concerto - nel sommerso nelle collezioni private: cosa che rende la presente un'opportunità particolarmente rara per il collezionismo più raffinato e attento all'attività di un artista, la cui opera in assemblage pare un emblema: "tornare in solitudine sul frammento di ciò che è stato scartato dall'uso per scoprirlo di nuovo come parte essenziale di un altro ordine di significazioni, perfetto e misterioso. Quest'ordine e questa essenzialià Colla li aveva cercati a lungo costruendo le sue sculture con un'opera attenta di composizione, trovando le giunture, gli incastri e le connessioni più segrete nelle fratture, nelle usure, nei segni del tempo sui reperti". (Giorgio de Marchis in G. De Marchis, S. Pinto, Colla, Roma 1972)
Acquisita direttamente da Mariolina Colla, l'opera è rimasta per decenni nella storica collezione di Carla Panicali, e appare oggi per la prima volta sul mercato delle aste.
Definita come "una delle più felici creazioni di Colla" (G. de Marchis, S. Pinto, Colla, Roma 1972, p. 73, n. 98), l'opera è "realizzata semplicemente da un trespolo in un tubo curvato che sostiene una fila di cinque tubi di scappamento. L'immagine di un organo, cosi evocato, ha suggerito il titolo" (ibidem).
L'opera appartiene alla prima fase della piena maturità artistica dell'autore - in cui la tecnica scultorea dell'assemblage si è ormai compiutamente sedimentata in Colla in forme astratte di originale e innovativa personalità - e vanta un curriculum espositivo e bibliografico, che la pone inequivocabilmente tra i lavori più rappresentativi della produzione di Colla.
Concerto viene presentata per la prima volta nel 1957 nella storica personale alla Galleria la Tartaruga, dove Colla decide di mettere in mostra 15 opere, tra le quali questa è l'unica nuova di grandi dimensioni. La mostra riceve una notevole eco critica e l'opera viene inserita nella monografia di Alloway, che dedicherà all'opera di Colla uno studio sistematico e storico, inquadrandolo per la prima volta nel contesto dell'avanguardia internazionale del XX secolo, e proiettandolo cosi tra i grandi innovatori internazionali del concetto di scultura contemporanea, in dialettica con gli scultori dada e personalità del calibro di Gonzales e Smith.
Cosa che è particolarmente degna di nota e rilevante per un artista italiano, considerata la scarsa presenza di personalità italiane eminenti nell'ambito della scultura internazionale dell'epoca - con l'eccezione di pochi isolati casi.
"Alloway, che conosce assai bene l'opera di Colla, insiste particolarmente sul recupero del rifiuto che interrompe il ciclo del consumo proprio della civiltà industriale, alla quale l'arte di Colla è legata, e richiama nello stesso tempo i precedenti del collage cubista, di Duchamp, di Schwitters. La morte per desuetudine degli artefatti industriali non è la loro fine: resta loro una specie di "presenza" in cui Colla scopre una nuova funzione. Oggetti di serie rifiutati come inservibili sono resi unici dall'atto di scelta dell'artista che attribuisce loro una nuova funzione ma, contrariamente a quanto accade in Duchamp e nei dadaisti cui lo lega il gusto dell'oggetto trovato, nell'opera di Colla diventa determinante lo stato di reperto dell'oggetto e la sua possibilità di combinazione con altri in un processo formale lungamente meditato (ibidem, pp. 26-27).
Capiamo in tal senso quanto la scultura di Colla non possa inquadrarsi come "opera di invenzione nel senso di creazione estemporanea che il termine ha acquisito: ogni scultura aveva un lunghissimo tempo di gestazione, spesso un pezzo trovato veniva accantonato per mesi, frammento indecifrabile di un'opera a venire, finché Colla non cominciava a studiarlo, a interrogarlo, a cavarne un senso da completare in un tutto nuovo"(ibidem, p. 21).
Da qui anche l'affascinante questione della datazione delle opere di Colla: vista la difficile determinazione esatta proprio per via della lunga gestazione, la critica ha classificato le opere in gruppi diversi sulla base degli studi in cui Colla trasferiva nel tempo la sua attività e sulla base delle mostre, in cui le opere - evidentemente concepite come finite dall'artista - venivano presentate.
Nel caso di Concerto, che appartiene al gruppo delle opere realizzate presso lo studio di Viale Parioli, a Roma, il tema della datazione è ben circoscritto: forse realizzata con materiale di recupero trovati all'epoca dello studio di via Aurora, Colla datava l'opera 1954, usando, come spesso faceva, la data del trasloco in viale Parioli come riferimento; di certo è stata completata nel 1957, anno in cui è presentata alla personale presso la Tartaruga.
La fortuna critica e collezionistica delle opere di Colla è stata ampia ma molto selettiva nel tempo, anche per via del corpus delle opere che è numericamente piuttosto esiguo. Alcune delle sculture furono immediatamente inglobate nelle collezioni dei principali musei italiani ed internazionali (Cariatide, Amsterdam, Stedelijk Museum ; Mosè, Amirim, Sculpure Garden; Grande spirale, Carro solare, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) altre sono rimaste - come nel caso di Concerto - nel sommerso nelle collezioni private: cosa che rende la presente un'opportunità particolarmente rara per il collezionismo più raffinato e attento all'attività di un artista, la cui opera in assemblage pare un emblema: "tornare in solitudine sul frammento di ciò che è stato scartato dall'uso per scoprirlo di nuovo come parte essenziale di un altro ordine di significazioni, perfetto e misterioso. Quest'ordine e questa essenzialià Colla li aveva cercati a lungo costruendo le sue sculture con un'opera attenta di composizione, trovando le giunture, gli incastri e le connessioni più segrete nelle fratture, nelle usure, nei segni del tempo sui reperti". (Giorgio de Marchis in G. De Marchis, S. Pinto, Colla, Roma 1972)