Lot Essay
'Non possiamo assolutamente considerare il quadro come spazio in cui proiettiamo le nostre scenografie mentali, ma come nostra 'area di libertà', in cui noi andiamo alla scoperta delle nostre immagini prime. Immagini quanto pi possibile assolute, che non potranno valere per ciò che ricordano, spiegano, esprimono, ma solo in quanto sono: essere'
(Manzoni, citato in G. Celant, 'The Body Infinite' in Piero Manzoni , Milano 2004, p. xxix)
Achrome appartiene alla serie omonima di opere radicali, sperimentali e seminali che Piero Manzoni ha iniziato nel 1957, e che avrebbe continuato ad esplorare fino alla morte prematura nel 1963. Con gli Achrome, Manzoni ha raggiunto il suo scopo di riportare l'arte ad uno stato puro e originario, una tabula rasa dalla quale costruire una nuova concezione dell'arte. Rigorosamente incolori e privi di qualunque elemento illusionistico, rappresentativo o descrittivo, questi lavori hanno ridefinito ed esteso le norme del processo artistico, diventando di seguito di grande importanza nell'evoluzione sia del Minimalismo che del Concettualismo. In queste opere autonome, autoriflessive e, in alcuni casi, anche autoproducenti, non rimane nessuna traccia della mano dell'artista e godono invece della loro materialità e fisicità insite.
Eseguito nel 1962-63, Achrome è parte di una serie di lavori nella quale Manzoni ha ricoperto la tela di bianche palline di polisterolo imbevute in caolino - una forma di argilla morbida - per creare una superficie in rilievo visivamente potente e fortemente tattile. Partendo all'inizio da tele imbevute di caolino per realizzare i suoi achrome, nel 1960 Manzoni ha cominciato a lavorare con materiali ed oggetti spesso molto banali ma facilmente reperibili e disponibili ovunque. Utilizzando materiali come batuffoli, feltro, sassi, vetroresina e panini, Manzoni li ha poi trasformati in oggetti artistici autonomi che potevono essere apprezzati semplicemente per le loro insite qualità materiali.
La caratteristica che accomunava questi oggetti prodotti in serie fu la loro innata e assoluta bianchezza 'acromatica'. Nella realizzazione degli achrome, Manzoni rinunciò al colore per poter eliminare eventuali associazioni simboliche o rappresentative, creando cos una pittura puramente autoreferenziale. Nel 1960, due anni prima di cominciare a realizzare quest'opera, Manzoni dichiarò che il suo scopo era: "dare una superficie integralmente bianca [anzi integralmente incolore] al di fuori di ogni fenomeno pittorico, di ogni intervento estraneo al valore superficiale: un bianco che non è un paesaggio polare, una materia evocatrice o una bella materia, una sensazione o un simbolo o altro ancora: una superficie bianca che è una superficie bianca e basta (una superficie incolore che è una superficie incolore) anzi, meglio ancora, che è e basta essere".
[Manzoni, 'Free Dimension', Azimuth, no. 2, Milano, 1960, in Piero Manzoni: Paintings, Reliefs & Objects, cat. mostra, Londra, 1974, p. 46-47].
'We absolutely cannot consider the picture as a space on to which to project our mental scenography. It is the area of freedom in which we search for the discovery of our first images. Images which are as absolute as possible, which cannot be valued for that which they record, explain and express, but only for that which they are: to be'
(P. Manzoni, quoted in G. Celant, The Body Infinite in Piero Manzoni, Milano 2004,p. xxix)
Piero Manzoni's Achrome belongs to a series of radical, experimental and highly influential works of the same name that the artist began in 1957 and continued to explore until his untimely death in 1963. With these Achromes, Manzoni achieved his aims at returning art to a pure and primal ground zero, a tabula rasa from which to build a new conception of art. Rigorously colourless and freed of all illusionistic, representational or descriptive features, these works significantly redefined and expanded the conventions of art making, proving enormously influential in the development of both Minimalism and Conceptualism. Autonomous, self-defining and in some cases, self-producing, they reveal no trace of the artist's own hand but instead revel in their own inherent materiality and physicality.
Executed in 1962-63, Achrome is one of a series of works in which Manzoni covered the canvas in white polystyrene balls soaked in kaolin - a soft form of clay - to create a visually compelling and highly tactile relief surface. Having first used canvases soaked in kaolin to create his Achromes, in 1960 Manzoni began to use a range of commercially ubiquitous and readily available, often banal objects and materials to make his Achromes. Using everything from cotton wool and felt to stones, fibreglass and bread rolls, by utilising these objects, Manzoni transformed them into autonomous artistic forms that could be admired solely for their inherent material qualities.
The unifying feature of these mass-produced products was their innate and unadulterated 'achromatic' whiteness. In creating his Achromes, Manzoni eschewed all colour so to eliminate any symbolic or representational associations and thereby create a painting that referred only to itself.
'The question as far as I'm concerned', Manzoni explained in 1960, two years before he began to execute the present work, 'is that of rendering a surface completely white (integrally colourless and neutral) far beyond any pictorial phenomenon or any intervention extraneous to the value of the surface. A white that is not a polar landscape, not a material in evolution or a beautiful material, not a sensation or a symbol or anything else: just a white surface that is simply a white surface and nothing else Better than that: a surface that simply is: to be' (P. Manzoni, "Free Dimension", in Azimuth, n. 2, Milano 1960, cit. in Piero Manzoni: Paintings, Reliefs & Objects, exh. cat., London, the Tate Gallery, 1974, p. 46-7).
(Manzoni, citato in G. Celant, 'The Body Infinite' in Piero Manzoni , Milano 2004, p. xxix)
Achrome appartiene alla serie omonima di opere radicali, sperimentali e seminali che Piero Manzoni ha iniziato nel 1957, e che avrebbe continuato ad esplorare fino alla morte prematura nel 1963. Con gli Achrome, Manzoni ha raggiunto il suo scopo di riportare l'arte ad uno stato puro e originario, una tabula rasa dalla quale costruire una nuova concezione dell'arte. Rigorosamente incolori e privi di qualunque elemento illusionistico, rappresentativo o descrittivo, questi lavori hanno ridefinito ed esteso le norme del processo artistico, diventando di seguito di grande importanza nell'evoluzione sia del Minimalismo che del Concettualismo. In queste opere autonome, autoriflessive e, in alcuni casi, anche autoproducenti, non rimane nessuna traccia della mano dell'artista e godono invece della loro materialità e fisicità insite.
Eseguito nel 1962-63, Achrome è parte di una serie di lavori nella quale Manzoni ha ricoperto la tela di bianche palline di polisterolo imbevute in caolino - una forma di argilla morbida - per creare una superficie in rilievo visivamente potente e fortemente tattile. Partendo all'inizio da tele imbevute di caolino per realizzare i suoi achrome, nel 1960 Manzoni ha cominciato a lavorare con materiali ed oggetti spesso molto banali ma facilmente reperibili e disponibili ovunque. Utilizzando materiali come batuffoli, feltro, sassi, vetroresina e panini, Manzoni li ha poi trasformati in oggetti artistici autonomi che potevono essere apprezzati semplicemente per le loro insite qualità materiali.
La caratteristica che accomunava questi oggetti prodotti in serie fu la loro innata e assoluta bianchezza 'acromatica'. Nella realizzazione degli achrome, Manzoni rinunciò al colore per poter eliminare eventuali associazioni simboliche o rappresentative, creando cos una pittura puramente autoreferenziale. Nel 1960, due anni prima di cominciare a realizzare quest'opera, Manzoni dichiarò che il suo scopo era: "dare una superficie integralmente bianca [anzi integralmente incolore] al di fuori di ogni fenomeno pittorico, di ogni intervento estraneo al valore superficiale: un bianco che non è un paesaggio polare, una materia evocatrice o una bella materia, una sensazione o un simbolo o altro ancora: una superficie bianca che è una superficie bianca e basta (una superficie incolore che è una superficie incolore) anzi, meglio ancora, che è e basta essere".
[Manzoni, 'Free Dimension', Azimuth, no. 2, Milano, 1960, in Piero Manzoni: Paintings, Reliefs & Objects, cat. mostra, Londra, 1974, p. 46-47].
'We absolutely cannot consider the picture as a space on to which to project our mental scenography. It is the area of freedom in which we search for the discovery of our first images. Images which are as absolute as possible, which cannot be valued for that which they record, explain and express, but only for that which they are: to be'
(P. Manzoni, quoted in G. Celant, The Body Infinite in Piero Manzoni, Milano 2004,p. xxix)
Piero Manzoni's Achrome belongs to a series of radical, experimental and highly influential works of the same name that the artist began in 1957 and continued to explore until his untimely death in 1963. With these Achromes, Manzoni achieved his aims at returning art to a pure and primal ground zero, a tabula rasa from which to build a new conception of art. Rigorously colourless and freed of all illusionistic, representational or descriptive features, these works significantly redefined and expanded the conventions of art making, proving enormously influential in the development of both Minimalism and Conceptualism. Autonomous, self-defining and in some cases, self-producing, they reveal no trace of the artist's own hand but instead revel in their own inherent materiality and physicality.
Executed in 1962-63, Achrome is one of a series of works in which Manzoni covered the canvas in white polystyrene balls soaked in kaolin - a soft form of clay - to create a visually compelling and highly tactile relief surface. Having first used canvases soaked in kaolin to create his Achromes, in 1960 Manzoni began to use a range of commercially ubiquitous and readily available, often banal objects and materials to make his Achromes. Using everything from cotton wool and felt to stones, fibreglass and bread rolls, by utilising these objects, Manzoni transformed them into autonomous artistic forms that could be admired solely for their inherent material qualities.
The unifying feature of these mass-produced products was their innate and unadulterated 'achromatic' whiteness. In creating his Achromes, Manzoni eschewed all colour so to eliminate any symbolic or representational associations and thereby create a painting that referred only to itself.
'The question as far as I'm concerned', Manzoni explained in 1960, two years before he began to execute the present work, 'is that of rendering a surface completely white (integrally colourless and neutral) far beyond any pictorial phenomenon or any intervention extraneous to the value of the surface. A white that is not a polar landscape, not a material in evolution or a beautiful material, not a sensation or a symbol or anything else: just a white surface that is simply a white surface and nothing else Better than that: a surface that simply is: to be' (P. Manzoni, "Free Dimension", in Azimuth, n. 2, Milano 1960, cit. in Piero Manzoni: Paintings, Reliefs & Objects, exh. cat., London, the Tate Gallery, 1974, p. 46-7).