Lot Essay
Innaffiare gli spazi
La ricerca di Ettore Spalletti è segnata da un inteso e consistente studio della superficie e del colore. Si è articolata attraverso un ragionare e uno sperimentare sull'epidermide oggettuale e sulla diversificazione della stesura cromatica che la definisce. È stato un lavorare sull'interiorità sostanziale della pittura e della scultura attraverso il suo aspetto cutaneo, quello da cui affiora e si esprime la consistenza dell'immagine. L'intento è stato di non definire la sua configurazione o la sua rappresentazione ma l'emergere di una presenza e di un'intensità sospesa.
L'artista ha voluto fermarla al suo stato di nascita e di venuta alla luce, quando il pulviscolo luminoso, di differenti cromie e consistenze identificabili in frantumi minuscoli, ha preso corpo e appare quasi incompiuto ed embrionale. Una presenza ancora fluida, dove gli elementi molecolari, in un misto tra bianco e colore, gravitano gli uni verso gli altri, a comporre un insieme uniforme, fragile e vulnerabile. Tuttavia un esserci non inerme né passivo che attrae lo sguardo per il suo insolito aspetto di entità vaga e fugace, che trascende la definizione cristallizzata e rigida di pittura e scultura, in sé concluse. Si affida invece a una completa relatività dell'impasto trasformato in polvere così da affermarlo quale veicolo di un'esperienza non solo visiva ma tattile, a rischio di alterazione.
Si potrebbe dire che il risultato finale tende a collocarsi in una dimensione tra visibile e invisibile, fisico e metafisico così da produrre un territorio di mezzo, sensibile al tocco che lo modifica e quindi lo nega.
(G. Celant, Ettore Spalletti, 2015)
La ricerca di Ettore Spalletti è segnata da un inteso e consistente studio della superficie e del colore. Si è articolata attraverso un ragionare e uno sperimentare sull'epidermide oggettuale e sulla diversificazione della stesura cromatica che la definisce. È stato un lavorare sull'interiorità sostanziale della pittura e della scultura attraverso il suo aspetto cutaneo, quello da cui affiora e si esprime la consistenza dell'immagine. L'intento è stato di non definire la sua configurazione o la sua rappresentazione ma l'emergere di una presenza e di un'intensità sospesa.
L'artista ha voluto fermarla al suo stato di nascita e di venuta alla luce, quando il pulviscolo luminoso, di differenti cromie e consistenze identificabili in frantumi minuscoli, ha preso corpo e appare quasi incompiuto ed embrionale. Una presenza ancora fluida, dove gli elementi molecolari, in un misto tra bianco e colore, gravitano gli uni verso gli altri, a comporre un insieme uniforme, fragile e vulnerabile. Tuttavia un esserci non inerme né passivo che attrae lo sguardo per il suo insolito aspetto di entità vaga e fugace, che trascende la definizione cristallizzata e rigida di pittura e scultura, in sé concluse. Si affida invece a una completa relatività dell'impasto trasformato in polvere così da affermarlo quale veicolo di un'esperienza non solo visiva ma tattile, a rischio di alterazione.
Si potrebbe dire che il risultato finale tende a collocarsi in una dimensione tra visibile e invisibile, fisico e metafisico così da produrre un territorio di mezzo, sensibile al tocco che lo modifica e quindi lo nega.
(G. Celant, Ettore Spalletti, 2015)