Lot Essay
"Ho cercato di lavorare con immagini che ognuno vede o ha visto, sviluppando e esplicitando la loro essenza, le loro possibilità germinali e primarie emergono, guardare è la prima azione, poi c'è quella che implica il soffermarsi".
"I have tried to work with images that everyone sees or has seen, developing and making their essence, their germinal and primary possibilities emerge, looking is the first action, then there is lingering".
MARIO SCHIFANO
Nell'opera En plein air, realizzata alla metà degli anni '70, emerge uno dei motivi caratterizzanti nonché maggiormente utilizzati di Mario Schifano che dimostra il costante dialogo presente nella sua arte con la pratica della pittura figurativa e, nello specifico, il paesaggio. Dai primi anni '60, quando in modo polemico si lasciò alle spalle gli ampi monocromi astratti con cui si era guadagnato un nome nel mondo romano dell'arte, si interessò alle pratiche e alle consuetudini della rappresentazione figurativa, e scelse il genere del paesaggio per riconfigurare radicalmente la convenzione pittorica. Ritornando all'immagine - si trattò di un "volta faccia" radicale in un clima artistico che aveva evitato ogni traccia di rappresentazione - Schifano mise in atto nel suo lavoro una combinazione di giocose parodie e appropriazioni, che lo condussero a distinguersi sia dai suoi contemporanei italiani, sia dalle controparti della Pop Art americana.
Avendo utilizzato, con l'inizio degli anni '60, il motivo dell'albero solitario, monumentale, Schifano tornò sul medesimo soggetto in numerose occasioni, dipingendolo con una varietà di tecniche e stili. Nel titolo allusivo e al contempo paradossale, En plein air, l'artista fa chiaro riferimento alla moderna tradizione paesaggistica come sperimentata dagli Impressionisti, in particolare richiamandosi alla pratica di lavorare immersi nella natura, en plein air. E in questa riconfigurazione ha creato un'immagine che è, nella sua frammentarietà, depersonalizzata e quasi del tutto concettuale, rappresentando quindi la vera antitesi di tale concetto naturalistico. "È come se stessi lavorando con reperti scavati", spiegava Schifano rispetto all'uso di una pratica artistica del passato. "Il passato per me è esattamente questo, ritrovamenti che non devono essere gettati via bensì recuperati, ed è per questo che il mio lavoro li contempla" (Schifano, citato in L. Beatrice, ‘Painting as Avant-garde: Mario Schifano, the 1960s and America’, in Mario Schifano, Paintings, 1960-1966, catalogo della mostra, New York, pp. 9-10).
One of the artist’s defining and most frequently used motifs, Mario Schifano’s En plein air from the mid 1970s demonstrates the artist’s perpetual dialogue with the practice of figurative painting, in particular the landscape, in his art. Since the early 1960s when Schifano controversially left behind the large abstract monochromes with which he had made a name for himself in the Roman art world, he had concerned himself with the practices and traditions of representation, using the genre of the landscape with which to radically reconfigure pictorial convention. By returning to the image – a radical volte face in an artistic climate that had shunned all vestiges a representation – Schifano deployed a combination of playful parody and appropriation in his work, setting him apart from both his Italian contemporaries and his American Pop art counterparts.
Having first used the motif of the solitary, monumental tree in the early 1960s, Schifano returned to this subject on numerous occasions, depicting it in a variety of techniques and styles. In the allusively, paradoxically titled En plein air, Schifano makes clear reference to the modern tradition of landscape painting as pioneered by the Impressionists, in particular the practice of working within nature itself, en plein air, and has reconfigured this to create an image that is, in its fragmented, depersonalised and almost conceptual state, the very antithesis of this naturalistic concept. ‘It is as though I were working on excavated finds’, Schifano explained of his use of the art of the past. ‘The past for me is exactly this, finds, but not to be thrown away; they can be recovered, and that’s why I work around them’ (Schifano, quoted in L. Beatrice, ‘Painting as Avant-garde: Mario Schifano, the 1960s and America’, in Mario Schifano, Paintings, 1960-1966, exh. cat., New York, pp. 9-10).
"I have tried to work with images that everyone sees or has seen, developing and making their essence, their germinal and primary possibilities emerge, looking is the first action, then there is lingering".
MARIO SCHIFANO
Nell'opera En plein air, realizzata alla metà degli anni '70, emerge uno dei motivi caratterizzanti nonché maggiormente utilizzati di Mario Schifano che dimostra il costante dialogo presente nella sua arte con la pratica della pittura figurativa e, nello specifico, il paesaggio. Dai primi anni '60, quando in modo polemico si lasciò alle spalle gli ampi monocromi astratti con cui si era guadagnato un nome nel mondo romano dell'arte, si interessò alle pratiche e alle consuetudini della rappresentazione figurativa, e scelse il genere del paesaggio per riconfigurare radicalmente la convenzione pittorica. Ritornando all'immagine - si trattò di un "volta faccia" radicale in un clima artistico che aveva evitato ogni traccia di rappresentazione - Schifano mise in atto nel suo lavoro una combinazione di giocose parodie e appropriazioni, che lo condussero a distinguersi sia dai suoi contemporanei italiani, sia dalle controparti della Pop Art americana.
Avendo utilizzato, con l'inizio degli anni '60, il motivo dell'albero solitario, monumentale, Schifano tornò sul medesimo soggetto in numerose occasioni, dipingendolo con una varietà di tecniche e stili. Nel titolo allusivo e al contempo paradossale, En plein air, l'artista fa chiaro riferimento alla moderna tradizione paesaggistica come sperimentata dagli Impressionisti, in particolare richiamandosi alla pratica di lavorare immersi nella natura, en plein air. E in questa riconfigurazione ha creato un'immagine che è, nella sua frammentarietà, depersonalizzata e quasi del tutto concettuale, rappresentando quindi la vera antitesi di tale concetto naturalistico. "È come se stessi lavorando con reperti scavati", spiegava Schifano rispetto all'uso di una pratica artistica del passato. "Il passato per me è esattamente questo, ritrovamenti che non devono essere gettati via bensì recuperati, ed è per questo che il mio lavoro li contempla" (Schifano, citato in L. Beatrice, ‘Painting as Avant-garde: Mario Schifano, the 1960s and America’, in Mario Schifano, Paintings, 1960-1966, catalogo della mostra, New York, pp. 9-10).
One of the artist’s defining and most frequently used motifs, Mario Schifano’s En plein air from the mid 1970s demonstrates the artist’s perpetual dialogue with the practice of figurative painting, in particular the landscape, in his art. Since the early 1960s when Schifano controversially left behind the large abstract monochromes with which he had made a name for himself in the Roman art world, he had concerned himself with the practices and traditions of representation, using the genre of the landscape with which to radically reconfigure pictorial convention. By returning to the image – a radical volte face in an artistic climate that had shunned all vestiges a representation – Schifano deployed a combination of playful parody and appropriation in his work, setting him apart from both his Italian contemporaries and his American Pop art counterparts.
Having first used the motif of the solitary, monumental tree in the early 1960s, Schifano returned to this subject on numerous occasions, depicting it in a variety of techniques and styles. In the allusively, paradoxically titled En plein air, Schifano makes clear reference to the modern tradition of landscape painting as pioneered by the Impressionists, in particular the practice of working within nature itself, en plein air, and has reconfigured this to create an image that is, in its fragmented, depersonalised and almost conceptual state, the very antithesis of this naturalistic concept. ‘It is as though I were working on excavated finds’, Schifano explained of his use of the art of the past. ‘The past for me is exactly this, finds, but not to be thrown away; they can be recovered, and that’s why I work around them’ (Schifano, quoted in L. Beatrice, ‘Painting as Avant-garde: Mario Schifano, the 1960s and America’, in Mario Schifano, Paintings, 1960-1966, exh. cat., New York, pp. 9-10).