Lot Essay
“Allora come l’uomo che dalla luce del giorno si trovi nell’ombra di un tempio e all’inizio non veda la statua biancheggiante, poi poco a poco la forma gli si rivela sempre più pura, così il sentimento dell’artista primitivo rinasce in me. Il primo che scolpì un dio; il primo che volle creare un dio. E allora penso che se l’idea di figurarsi un dio con la faccia umana come lo concepirono i Greci in arte non sarebbe un pretesto eterno per scoprire grandi fonti di nuove sensazioni”.
“Just as the man who walks into the darkness of a temple from daylight and it is initially unaware of the white statue, then its shape gradually reveals itself more and more clearly, so the feelings of primitive artists spring in me. The first who sculpted a god; the first who wanted to create a god. And then I wonder if conceiving a god in human semblance, as did the Greeks in their art, is not the eternal pretext to discover quite a few sources of new sensations”.
GIORGIO DE CHIRICO
Piazza d'Italia con Arianna, dipinta nel 1940 circa, appartiene all'ampio ciclo di dipinti che costituiscono il centro dell'opera di Giorgio de Chirico. Sebbene oggetto di numerose variazioni tematiche all'interno di tutta la sua produzione, la piazza rappresenta il soggetto più significativo nel suo lungo viaggio di ricerca filosofica. Con le loro melanconiche ombre della sera e le loro strane prospettive angolari, le piazze stranamente vuote di de Chirico caratterizzano una serie di dipinti metafisici realizzati tra il 1912 e il 1913. Evocando un senso di misteriosa realtà che è alla base del quotidiano, queste scene enigmatiche hanno origine nel mito di Arianna, la cui statua è posta al centro del presente lavoro. Il mito della principessa abbandonata che salvò Teseo dal Minotauro e che fu a sua volta salvata da Dioniso, assume per de Chirico un significato metaforico. Non rappresenta infatti solo il passato classico della Grecia, sua terra natia, ma anche - attraverso una radicale reinterpretazione di Nietzsche - un emblema dell'ascensione della consapevolezza intuitiva. Assorbita nel pantheon di de Chirico attraverso la sua risistemazione quasi ritualistica all'interno di Piazza d'Italia, Arianna avrebbe simboleggiato la ricerca di conoscenza e il perseguimento dell'arte stessa da parte dell'artista.
Lo stesso aspetto della Piazza è basato su un'immagine di Torino: la città dove Nietzsche era notoriamente impazzito, e dove de Chirico - diversi anni dopo - aveva riflettuto sulla possibilità filosofica di realtà alternative. Sovvertendo il classicismo dell'architettura cittadina e la razionalità della prospettiva a una fuga, Piazza d'Italia sospende ogni senso di tempo e ordine. Condividendo quanto afferma Paolo Baldacci, l'artista sposò la visione di Nietzsche secondo la quale Arianna era una metafora dell'anima, "che, abbandonata da Teseo - l'eroe della ragione e della logica - accoglie Dioniso, divinità dei misteri della terra e del corpo" (P. Baldacci, Giorgio de Chirico: The Metaphysical Paintings, Londra 1997, p. 138). "Contemplando la sua ombra all'infinito", come de Chirico scrisse nel 1912, Arianna esiste in attesa del risveglio fisico e spirituale che la riporterebbe al labirinto dell'inconscio. De Chirico, da parte sua, la conduce nell'età industriale come dimostra il treno in corsa e l'incontro indistinto tra due uomini in lontananza. Impregnate da un potente senso di arrivo, queste opere sono monumenti all'odissea metafisica dell'uomo: un viaggio ciclico dalla realtà al suo misterioso riverbero.
Painted circa 1940, Piazza d’Italia con Arianna belongs to the long-running cycle of paintings that lies at the heart of Giorgio de Chirico’s oeuvre. Recurring throughout his practice in numerous thematic variations, it represents the most significant subject within his lifelong journey of philosophical discovery. With their melancholic evening shadows and strange angular perspectives, de Chirico’s eerily empty squares derive from a series of metaphysical paintings created between 1912 and 1913. Evoking a sense of the mysterious reality that underpins the everyday, these enigmatic scenes are rooted in the myth of Ariadne, whose statues lies at the centre of the present work. The story of the abandoned princess, who saved Theseus from the Minotaur and was later rescued herself by Dionysus, took on a rich metaphorical meaning for de Chirico. She not only represented the classical past of his Greek homeland, but also – via Nietzsche's radical reinterpretation – became an emblem for the ascension of intuitive consciousness. Absorbed into de Chirico’s pantheon through his near-ritualistic re-staging of the Piazza d’Italia, she would ultimately come to symbolise his own quest for knowledge, and the pursuit of art itself.
The Piazza itself is based on an image of Turin: the city where Nietzsche had famously descended into madness, and where de Chirico – many years later – had first awoken to the philosophical possibility of alternate realities. Subverting the classicism of the city's architecture and the rationality of one-point perspective, the Piazza d’Italia works suspend all sense of time and order. According to Paolo Baldacci, the artist upheld Nietzsche's vision of Ariadne as a metaphor for the soul, ‘which, abandoned by Theseus – the hero of reason and logic – welcomes the superhero Dionysus, god of mysteries of earth and body’ (P. Baldacci, Giorgio de Chirico: The Metaphysical Paintings, London 1997, p. 138). ‘Endlessly contemplating her shadow’, as de Chirico wrote in 1912, Ariadne exists between states, awaiting the physical and spiritual awakening that would return her to the labyrinth of the unconscious. De Chirico, for his part, transports her into the industrial age, with a speeding train and a shadowy meeting between two suited men in the distance. Imbued with a potent sense of arrival, these works are monuments to man’s metaphysical odyssey: a cyclical voyage from reality to its uncanny reflection.
“Just as the man who walks into the darkness of a temple from daylight and it is initially unaware of the white statue, then its shape gradually reveals itself more and more clearly, so the feelings of primitive artists spring in me. The first who sculpted a god; the first who wanted to create a god. And then I wonder if conceiving a god in human semblance, as did the Greeks in their art, is not the eternal pretext to discover quite a few sources of new sensations”.
GIORGIO DE CHIRICO
Piazza d'Italia con Arianna, dipinta nel 1940 circa, appartiene all'ampio ciclo di dipinti che costituiscono il centro dell'opera di Giorgio de Chirico. Sebbene oggetto di numerose variazioni tematiche all'interno di tutta la sua produzione, la piazza rappresenta il soggetto più significativo nel suo lungo viaggio di ricerca filosofica. Con le loro melanconiche ombre della sera e le loro strane prospettive angolari, le piazze stranamente vuote di de Chirico caratterizzano una serie di dipinti metafisici realizzati tra il 1912 e il 1913. Evocando un senso di misteriosa realtà che è alla base del quotidiano, queste scene enigmatiche hanno origine nel mito di Arianna, la cui statua è posta al centro del presente lavoro. Il mito della principessa abbandonata che salvò Teseo dal Minotauro e che fu a sua volta salvata da Dioniso, assume per de Chirico un significato metaforico. Non rappresenta infatti solo il passato classico della Grecia, sua terra natia, ma anche - attraverso una radicale reinterpretazione di Nietzsche - un emblema dell'ascensione della consapevolezza intuitiva. Assorbita nel pantheon di de Chirico attraverso la sua risistemazione quasi ritualistica all'interno di Piazza d'Italia, Arianna avrebbe simboleggiato la ricerca di conoscenza e il perseguimento dell'arte stessa da parte dell'artista.
Lo stesso aspetto della Piazza è basato su un'immagine di Torino: la città dove Nietzsche era notoriamente impazzito, e dove de Chirico - diversi anni dopo - aveva riflettuto sulla possibilità filosofica di realtà alternative. Sovvertendo il classicismo dell'architettura cittadina e la razionalità della prospettiva a una fuga, Piazza d'Italia sospende ogni senso di tempo e ordine. Condividendo quanto afferma Paolo Baldacci, l'artista sposò la visione di Nietzsche secondo la quale Arianna era una metafora dell'anima, "che, abbandonata da Teseo - l'eroe della ragione e della logica - accoglie Dioniso, divinità dei misteri della terra e del corpo" (P. Baldacci, Giorgio de Chirico: The Metaphysical Paintings, Londra 1997, p. 138). "Contemplando la sua ombra all'infinito", come de Chirico scrisse nel 1912, Arianna esiste in attesa del risveglio fisico e spirituale che la riporterebbe al labirinto dell'inconscio. De Chirico, da parte sua, la conduce nell'età industriale come dimostra il treno in corsa e l'incontro indistinto tra due uomini in lontananza. Impregnate da un potente senso di arrivo, queste opere sono monumenti all'odissea metafisica dell'uomo: un viaggio ciclico dalla realtà al suo misterioso riverbero.
Painted circa 1940, Piazza d’Italia con Arianna belongs to the long-running cycle of paintings that lies at the heart of Giorgio de Chirico’s oeuvre. Recurring throughout his practice in numerous thematic variations, it represents the most significant subject within his lifelong journey of philosophical discovery. With their melancholic evening shadows and strange angular perspectives, de Chirico’s eerily empty squares derive from a series of metaphysical paintings created between 1912 and 1913. Evoking a sense of the mysterious reality that underpins the everyday, these enigmatic scenes are rooted in the myth of Ariadne, whose statues lies at the centre of the present work. The story of the abandoned princess, who saved Theseus from the Minotaur and was later rescued herself by Dionysus, took on a rich metaphorical meaning for de Chirico. She not only represented the classical past of his Greek homeland, but also – via Nietzsche's radical reinterpretation – became an emblem for the ascension of intuitive consciousness. Absorbed into de Chirico’s pantheon through his near-ritualistic re-staging of the Piazza d’Italia, she would ultimately come to symbolise his own quest for knowledge, and the pursuit of art itself.
The Piazza itself is based on an image of Turin: the city where Nietzsche had famously descended into madness, and where de Chirico – many years later – had first awoken to the philosophical possibility of alternate realities. Subverting the classicism of the city's architecture and the rationality of one-point perspective, the Piazza d’Italia works suspend all sense of time and order. According to Paolo Baldacci, the artist upheld Nietzsche's vision of Ariadne as a metaphor for the soul, ‘which, abandoned by Theseus – the hero of reason and logic – welcomes the superhero Dionysus, god of mysteries of earth and body’ (P. Baldacci, Giorgio de Chirico: The Metaphysical Paintings, London 1997, p. 138). ‘Endlessly contemplating her shadow’, as de Chirico wrote in 1912, Ariadne exists between states, awaiting the physical and spiritual awakening that would return her to the labyrinth of the unconscious. De Chirico, for his part, transports her into the industrial age, with a speeding train and a shadowy meeting between two suited men in the distance. Imbued with a potent sense of arrival, these works are monuments to man’s metaphysical odyssey: a cyclical voyage from reality to its uncanny reflection.