Lot Essay
“Un dipinto si rivela a noi anche se non possiamo vedere nulla, anche quando pensiamo a nulla. Qualcosa può svelarci un dipinto, ma in questo cosa il dipinto non è una fedele riproduzione di cosa ha causato che fosse svelato; sembra vagamente come un volto visto in un sogno confrontato con lo stesso volto visto nella realtà”.
“A picture reveals itself to us even though we can see nothing, even when we think about nothing. Something may reveal a picture to us, but in this case the picture is not a faithful reproduction of what is caused it to be revealed; it vaguely resembles it like a face seen in a dream compared to that same face seen in reality”.
GIORGIO DE CHIRICO
Eseguito nella seconda metà degli anni '50, l'opera Il Trovatore è emblematica della "Nuova Metafisica" di Giorgio de Chirico. Nei lavori caratterizzati da questo stile, l'artista rivisitò molti dei suoi primi dipinti, spesso filtrandoli con tavolozze più luminose e contraddistinte da un maggiore ottimismo. De Chirico dipinse inizialmente la solitaria ed errante figura de "il trovatore" in concomitanza del culmine della Prima Guerra Mondiale, dando origine a quella che Paolo Baldacci definisce "la grande serie dei manichini del 1917" (P. Baldacci, De Chirico 1888-1919: La Metafisica, Milano 1997, p. 372). Persi in un mondo melanconico di artifici ed enigmi, questi strani esseri isolati - in parte creatori e in parte opere create - furono concepiti come ritratti profondamente psicologici della condizione umana. Realizzati mentre l'artista era in congedo dall'esercito a Ferrara, e mentre attendeva il suo richiamo al servizio militare, essi recepiscono un senso di stasi anticipatoria, e rendono in modo satirico il concetto di uomo inteso come pedina in un bizzarro universo meccanico. In questo lavoro, creato decenni dopo, de Chirico attribuisce al manichino un inquietante senso di animazione: la figura, stagliata su un orizzonte luminoso, sembra muoversi verso lo spettatore, come un automa che lentamente entra in azione.
Attraverso la sua opera, de Chirico cercò di far luce sulla misteriosa e indefinibile poesia che giace dietro all'apparenza della quotidianità. Con i loro angoli deformati e le loro curiose geometrie, i manichini risultano impossibilità fisiche, intrappolate in mondi assimilabili a scenografie teatrali. Esplicitano visivamente una realtà alternativa e contemporaneamente stigmatizzano la densità e la goffaggine della nostra. La ciclica rivisitazione messa in atto da de Chirico attraverso queste figure le colloca in un nuovo livello di complessità, offrendo una traduzione pittorica del concetto nietzschiano di "eterno ritorno". L'idea di un presente intrinsecamente ripetitivo trova evidente espressione ne "Il Trovatore": un sogno ricorrente che suggerisce ininterrottamente nuovi modi di essere. Lo stesso concetto sarà ampliato negli anni '80 dalle appropriazioni Pop di questi motivi da parte di Andy Warhol.
Executed in the second half of the 1950s, Trovatore is emblematic of Giorgio de Chirico’s ‘New-Metaphysical’ style. In these works, the artist revisited many of his earlier paintings, often filtering them through brighter, more optimistic palettes. De Chirico had first painted the solitary, wandering figure of ‘il trovatore’ (‘the troubadour’) during the height of the First World War, giving rise to what Paolo Baldacci called ‘the great mannequin series of 1917’ (P. Baldacci, De Chirico 1888-1919: La Metafisica, Milan 1997, p. 372). Lost in a melancholic world of artifice and enigma, these strange isolated beings – part creator, part creation – were conceived as deeply psychological portraits of the human condition. Created whilst the artist was on leave from the army in Ferrara, awaiting his recall to military duty, they were infused with a sense of anticipatory stasis, satirising the notion of man as a pawn in a bizarre mechanical universe. In the present work, created decades later, de Chirico invests the mannequin with an eerie sense of animation: against a luminous horizon, the figure appears to move towards the viewer, like an automaton slowly springing into action.
Throughout his oeuvre, de Chirico sought to shed light on the mysterious, indefinable poetry that lay behind the façade of everyday reality. With their warped angles and curious geometries, the mannequins are physical impossibilities, trapped within worlds that resemble stage sets. They visualise an alternative reality whilst simultaneously critiquing the density and clumsiness of our own. De Chirico’s cyclical re-visitation of these figures imbues them with a new level of complexity, offering a pictorial translation of the Nietzschean ‘eternal return’. The notion of the present as inherently repetitive finds keen expression in ‘il trovatore’: a recurring dream that continually suggests new modes of being. This concept would be expanded by Andy Warhol’s Pop appropriations of these motifs in the 1980s.
“A picture reveals itself to us even though we can see nothing, even when we think about nothing. Something may reveal a picture to us, but in this case the picture is not a faithful reproduction of what is caused it to be revealed; it vaguely resembles it like a face seen in a dream compared to that same face seen in reality”.
GIORGIO DE CHIRICO
Eseguito nella seconda metà degli anni '50, l'opera Il Trovatore è emblematica della "Nuova Metafisica" di Giorgio de Chirico. Nei lavori caratterizzati da questo stile, l'artista rivisitò molti dei suoi primi dipinti, spesso filtrandoli con tavolozze più luminose e contraddistinte da un maggiore ottimismo. De Chirico dipinse inizialmente la solitaria ed errante figura de "il trovatore" in concomitanza del culmine della Prima Guerra Mondiale, dando origine a quella che Paolo Baldacci definisce "la grande serie dei manichini del 1917" (P. Baldacci, De Chirico 1888-1919: La Metafisica, Milano 1997, p. 372). Persi in un mondo melanconico di artifici ed enigmi, questi strani esseri isolati - in parte creatori e in parte opere create - furono concepiti come ritratti profondamente psicologici della condizione umana. Realizzati mentre l'artista era in congedo dall'esercito a Ferrara, e mentre attendeva il suo richiamo al servizio militare, essi recepiscono un senso di stasi anticipatoria, e rendono in modo satirico il concetto di uomo inteso come pedina in un bizzarro universo meccanico. In questo lavoro, creato decenni dopo, de Chirico attribuisce al manichino un inquietante senso di animazione: la figura, stagliata su un orizzonte luminoso, sembra muoversi verso lo spettatore, come un automa che lentamente entra in azione.
Attraverso la sua opera, de Chirico cercò di far luce sulla misteriosa e indefinibile poesia che giace dietro all'apparenza della quotidianità. Con i loro angoli deformati e le loro curiose geometrie, i manichini risultano impossibilità fisiche, intrappolate in mondi assimilabili a scenografie teatrali. Esplicitano visivamente una realtà alternativa e contemporaneamente stigmatizzano la densità e la goffaggine della nostra. La ciclica rivisitazione messa in atto da de Chirico attraverso queste figure le colloca in un nuovo livello di complessità, offrendo una traduzione pittorica del concetto nietzschiano di "eterno ritorno". L'idea di un presente intrinsecamente ripetitivo trova evidente espressione ne "Il Trovatore": un sogno ricorrente che suggerisce ininterrottamente nuovi modi di essere. Lo stesso concetto sarà ampliato negli anni '80 dalle appropriazioni Pop di questi motivi da parte di Andy Warhol.
Executed in the second half of the 1950s, Trovatore is emblematic of Giorgio de Chirico’s ‘New-Metaphysical’ style. In these works, the artist revisited many of his earlier paintings, often filtering them through brighter, more optimistic palettes. De Chirico had first painted the solitary, wandering figure of ‘il trovatore’ (‘the troubadour’) during the height of the First World War, giving rise to what Paolo Baldacci called ‘the great mannequin series of 1917’ (P. Baldacci, De Chirico 1888-1919: La Metafisica, Milan 1997, p. 372). Lost in a melancholic world of artifice and enigma, these strange isolated beings – part creator, part creation – were conceived as deeply psychological portraits of the human condition. Created whilst the artist was on leave from the army in Ferrara, awaiting his recall to military duty, they were infused with a sense of anticipatory stasis, satirising the notion of man as a pawn in a bizarre mechanical universe. In the present work, created decades later, de Chirico invests the mannequin with an eerie sense of animation: against a luminous horizon, the figure appears to move towards the viewer, like an automaton slowly springing into action.
Throughout his oeuvre, de Chirico sought to shed light on the mysterious, indefinable poetry that lay behind the façade of everyday reality. With their warped angles and curious geometries, the mannequins are physical impossibilities, trapped within worlds that resemble stage sets. They visualise an alternative reality whilst simultaneously critiquing the density and clumsiness of our own. De Chirico’s cyclical re-visitation of these figures imbues them with a new level of complexity, offering a pictorial translation of the Nietzschean ‘eternal return’. The notion of the present as inherently repetitive finds keen expression in ‘il trovatore’: a recurring dream that continually suggests new modes of being. This concept would be expanded by Andy Warhol’s Pop appropriations of these motifs in the 1980s.