Lot Essay
Gianfranco Pardi nasce nel 1933 e sin dagli esordi la sua ricerca si imposta sullo spazio e sulla progettualità costruttiva che dà vita ad opere di grande rigore formale, caratterizzate dall’integrazione del disegno, con la pittura e la scultura in una dimensione spaziale dal respiro architettonico.
Il rapporto di Pardi con la materia architettonica è indubbiamente complesso: con un procedimento opposto rispetto a quello messo in atto dalla tradizionale formazione accademica e attraverso una ricognizione che gli consente di svelare a se stesso i contenuti segreti dell’architettura arriva a una pratica in cui il progetto è il presupposto di ogni possibile costruzione, in cui non c’è spazio per il semplice gesto, privo di una logica che aiuti a riconoscere l’opera d’arte come componente del reale.
Questa istanza spinge Pardi ad essere una figura poliedrica che attraverso forme espressive diverse, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla regia cinematografica, si è costruita un’armatura concettuale che ricerca una costante e persistente pratica conoscitiva dello spazio e del tempo, per mettere costantemente in discussione l’arte figurativa e le derive che ne hanno condizionato gli orientamenti a partire dal secolo scorso.
Superati i primi anni di arte figurale, dal 1967-1968 la tematizzazione dell’artista si stabilizza nella serie dei Giardini pensili, che pur determinando una pratica di reiterazione di un unico tema consentono a Pardi di non rinunciare a un’ampia sperimentazione artistica.
Questi smalti su legno e alluminio giungono a una sintesi formale che come osserva Bruno Corà sono “didascaliscamente definiti nel loro spettro di forme costruite o da costruire o, perfino come emblemi di cui una cultura visiva pubblicitaria avrebbe voluto fregiarsi. Quei rilievi dipinti di architetture svuotati da ogni altra presenza e tanto più da quella antropologica, suscitano nella percezione una cifra di assenza e metafisicità oggettuale di forte spaesamento, fino ad evocare le forme raffigurate nei prontuari di montaggio delle parti nella modellistica”.
L’impressione che se ne ricava, è che ci si trova di fronte ad opere che non possono semplicemente essere identificate con un genere: non sono più pittura, ma non sono neanche scultura, sono architetture che secondo molti critici rappresentano l’approdo della compiuta maturità artistica di Pardi.
Con un’osservazione d’insieme della sua opera verrebbe da avvalorare l’aforisma dell’artista stesso che credeva di rifare sempre lo stesso quadro, ma questa semplicità è a posteriori di un’esperienza complessa e lunga, fatta di studio e di ricerche, come se Pardi avesse memoria di quanto affermava Brancusi “... si arriva alla semplicità malgrado se stessi avvicinandosi al senso delle cose”.
L’artista aveva identificato nei ‘luoghi’ gli ambienti tipologici dell’archittura, come un esercizio di pensiero nella qualificazione dello spazio da configurare con la pittura.
Nelle sue architetture se dell’uomo non c’è traccoa, ogni linea e superficie, ogni rapporto tra gli elementi posti in relazione nell’opera, riconducono a una necessità di misurare lo spazio, al suo significato di abitarlo, in connessione con la sua conoscenza che sarà poetica ma anche umana.
Questa stessa poetica potrebbe facilmente entrare in dialettica con le architetture dell’amico e artista Giuseppe Uncini la cui attitudine come nel caso di Pardi è quella di concepire un ‘progetto’, un’architettura condotta attraverso pittura e scultura, oltre che nel modo di considerare i supporti e gli elementi iconografici come il disegno geometrico, i monocromi e le ripartizioni della superficie.
Il linguaggio dell’artista che rende evidenti tutte le sue componenti strutturali, pittoriche e spaziali riesce a dar conto della forza della sua indagine, di un’elaborazione della forma che è stata in grado di dialogare con più avanzate istanze, dalle avanguardie storiche di matrice costruttivista fino alle punte dell’arte internazionale ed italiana, tracciandone una strada autonoma ed efficace.
From the beginning of his career, Gianfranco Pardi (b. 1933) based his artistic research on the concepts of space and a constructive compositional technique, creating works of great formal rigor characterized by the integration of drawing, painting and sculpture in an architectural spatial dimension.
Pardi's relationship with architectural materials is undoubtedly complex: following an artistic process that opposed the norms of academic tradition, his unique vision of form allowed him to reveal the secret components of architecture in a practice that made each project the prerequisite of every possible construction, in which there is no space for simple gestures that are devoid of a logic that helps to define the work of art as a component of reality.
This condition pushed Pardi to become a multifaceted creative figure who, through different forms of expression ranging from painting to sculpture, from photography to cinematographic direction, built a conceptual armour that sought a constant and persistent cognitive understanding of space and time, constantly questioning the figurative arts and the currents that influenced its different orientations since the beginning of the last century.
Following his early forays into figurative art, between 1967 and 1968 Pardi’s thematic focus settled on the series of Giardini Pensili (Hanging Gardens), which, despite its determining pretext of a repetitive single theme, allowed Pardi to explore a far broader field of artistic experimentation.
These enamels on wood and aluminum define a formal synthesis, which, as Bruno Corà observes, are "didactically defined in their spectrum of fully constructed and yet to be constructed forms, or even as emblems that a visual advertising culture would like to have boasted as being their own. Emptied of any presence and anthropological meaning, these painted architectural reliefs arouse a disorienting sense of figurative absence and objective meta-physicality, going as far as to evoke the shapes depicted in ready-to-assemble model-making kits".
The impression that this conveys is that one is faced with works that cannot simply be identified with a genre: they are no longer paintings, but neither are they sculptures, they are architectural constructs that, according to many critics, represent the accomplishment of Pardi's mature artistic work.
An overview of Pardi’s work confirms the artist’s own aphorism, who believed he was always reworking the same painting, however this simplification is in fact the result of a long, complex process of study and research, as if Pardi’s artistic experience were a physical recollection of Brancusi’s words "...one comes to simplicity despite your proximity to the meaning of things".
In his “places”, the artist identified the typological environments of architecture as a conceptual exercise aimed at qualifying the space to be configured through painting (as a means).
There is no trace of man in his architectural creations: each line and surface, every relationship between the elements positioned in relation to the work, indicate a need to measure space, to inhabit it and invest it with meaning, connecting with its cognitive essence as a poetic, but also human entity.
This same poetic could easily enter into a dialogue with the architectural creations of his friend, the artist Giuseppe Uncini, who shared Pardi’s approach, conceiving each work as an architectural 'project' constructed through painting and sculpture, as well as his vision of the physical support and iconographic elements, such as the geometric design, monochromatic colour range and distribution of the surface.
The artist's distinctive language reveals its structural, pictorial and spatial components, creating a visual account that testifies to its conceptual strength while defining a formal elaboration that succeeds in creating dialogues on higher levels – from the historical avant-garde of the Constructivist matrix to the highest achievements of international and Italian art – through its very own, compelling narrative.
Il rapporto di Pardi con la materia architettonica è indubbiamente complesso: con un procedimento opposto rispetto a quello messo in atto dalla tradizionale formazione accademica e attraverso una ricognizione che gli consente di svelare a se stesso i contenuti segreti dell’architettura arriva a una pratica in cui il progetto è il presupposto di ogni possibile costruzione, in cui non c’è spazio per il semplice gesto, privo di una logica che aiuti a riconoscere l’opera d’arte come componente del reale.
Questa istanza spinge Pardi ad essere una figura poliedrica che attraverso forme espressive diverse, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla regia cinematografica, si è costruita un’armatura concettuale che ricerca una costante e persistente pratica conoscitiva dello spazio e del tempo, per mettere costantemente in discussione l’arte figurativa e le derive che ne hanno condizionato gli orientamenti a partire dal secolo scorso.
Superati i primi anni di arte figurale, dal 1967-1968 la tematizzazione dell’artista si stabilizza nella serie dei Giardini pensili, che pur determinando una pratica di reiterazione di un unico tema consentono a Pardi di non rinunciare a un’ampia sperimentazione artistica.
Questi smalti su legno e alluminio giungono a una sintesi formale che come osserva Bruno Corà sono “didascaliscamente definiti nel loro spettro di forme costruite o da costruire o, perfino come emblemi di cui una cultura visiva pubblicitaria avrebbe voluto fregiarsi. Quei rilievi dipinti di architetture svuotati da ogni altra presenza e tanto più da quella antropologica, suscitano nella percezione una cifra di assenza e metafisicità oggettuale di forte spaesamento, fino ad evocare le forme raffigurate nei prontuari di montaggio delle parti nella modellistica”.
L’impressione che se ne ricava, è che ci si trova di fronte ad opere che non possono semplicemente essere identificate con un genere: non sono più pittura, ma non sono neanche scultura, sono architetture che secondo molti critici rappresentano l’approdo della compiuta maturità artistica di Pardi.
Con un’osservazione d’insieme della sua opera verrebbe da avvalorare l’aforisma dell’artista stesso che credeva di rifare sempre lo stesso quadro, ma questa semplicità è a posteriori di un’esperienza complessa e lunga, fatta di studio e di ricerche, come se Pardi avesse memoria di quanto affermava Brancusi “... si arriva alla semplicità malgrado se stessi avvicinandosi al senso delle cose”.
L’artista aveva identificato nei ‘luoghi’ gli ambienti tipologici dell’archittura, come un esercizio di pensiero nella qualificazione dello spazio da configurare con la pittura.
Nelle sue architetture se dell’uomo non c’è traccoa, ogni linea e superficie, ogni rapporto tra gli elementi posti in relazione nell’opera, riconducono a una necessità di misurare lo spazio, al suo significato di abitarlo, in connessione con la sua conoscenza che sarà poetica ma anche umana.
Questa stessa poetica potrebbe facilmente entrare in dialettica con le architetture dell’amico e artista Giuseppe Uncini la cui attitudine come nel caso di Pardi è quella di concepire un ‘progetto’, un’architettura condotta attraverso pittura e scultura, oltre che nel modo di considerare i supporti e gli elementi iconografici come il disegno geometrico, i monocromi e le ripartizioni della superficie.
Il linguaggio dell’artista che rende evidenti tutte le sue componenti strutturali, pittoriche e spaziali riesce a dar conto della forza della sua indagine, di un’elaborazione della forma che è stata in grado di dialogare con più avanzate istanze, dalle avanguardie storiche di matrice costruttivista fino alle punte dell’arte internazionale ed italiana, tracciandone una strada autonoma ed efficace.
From the beginning of his career, Gianfranco Pardi (b. 1933) based his artistic research on the concepts of space and a constructive compositional technique, creating works of great formal rigor characterized by the integration of drawing, painting and sculpture in an architectural spatial dimension.
Pardi's relationship with architectural materials is undoubtedly complex: following an artistic process that opposed the norms of academic tradition, his unique vision of form allowed him to reveal the secret components of architecture in a practice that made each project the prerequisite of every possible construction, in which there is no space for simple gestures that are devoid of a logic that helps to define the work of art as a component of reality.
This condition pushed Pardi to become a multifaceted creative figure who, through different forms of expression ranging from painting to sculpture, from photography to cinematographic direction, built a conceptual armour that sought a constant and persistent cognitive understanding of space and time, constantly questioning the figurative arts and the currents that influenced its different orientations since the beginning of the last century.
Following his early forays into figurative art, between 1967 and 1968 Pardi’s thematic focus settled on the series of Giardini Pensili (Hanging Gardens), which, despite its determining pretext of a repetitive single theme, allowed Pardi to explore a far broader field of artistic experimentation.
These enamels on wood and aluminum define a formal synthesis, which, as Bruno Corà observes, are "didactically defined in their spectrum of fully constructed and yet to be constructed forms, or even as emblems that a visual advertising culture would like to have boasted as being their own. Emptied of any presence and anthropological meaning, these painted architectural reliefs arouse a disorienting sense of figurative absence and objective meta-physicality, going as far as to evoke the shapes depicted in ready-to-assemble model-making kits".
The impression that this conveys is that one is faced with works that cannot simply be identified with a genre: they are no longer paintings, but neither are they sculptures, they are architectural constructs that, according to many critics, represent the accomplishment of Pardi's mature artistic work.
An overview of Pardi’s work confirms the artist’s own aphorism, who believed he was always reworking the same painting, however this simplification is in fact the result of a long, complex process of study and research, as if Pardi’s artistic experience were a physical recollection of Brancusi’s words "...one comes to simplicity despite your proximity to the meaning of things".
In his “places”, the artist identified the typological environments of architecture as a conceptual exercise aimed at qualifying the space to be configured through painting (as a means).
There is no trace of man in his architectural creations: each line and surface, every relationship between the elements positioned in relation to the work, indicate a need to measure space, to inhabit it and invest it with meaning, connecting with its cognitive essence as a poetic, but also human entity.
This same poetic could easily enter into a dialogue with the architectural creations of his friend, the artist Giuseppe Uncini, who shared Pardi’s approach, conceiving each work as an architectural 'project' constructed through painting and sculpture, as well as his vision of the physical support and iconographic elements, such as the geometric design, monochromatic colour range and distribution of the surface.
The artist's distinctive language reveals its structural, pictorial and spatial components, creating a visual account that testifies to its conceptual strength while defining a formal elaboration that succeeds in creating dialogues on higher levels – from the historical avant-garde of the Constructivist matrix to the highest achievements of international and Italian art – through its very own, compelling narrative.