Lot Essay
“Nel ’60, con Tano Festa, discutevamo dei nostri quadri, di quello che volevamo metterci dentro, le strisce pedonali, l’asfalto, i passaggi a livello, e tutte queste cose non le avevamo trovate nei libri, eppure ci servivano per la nostra formazione, per la nostra maniera di fare cultura...”
“In the ‘60s, Tano Festa and I discussed our paintings, what we wanted to put into them, the pedestrian crossings, the asphalt, the level crossings, and all those things that we had not found in books, but needed for our training, for our way of creating culture...“.
-MARIO SCHIFANO
All’inizio degli anni Sessanta Mario Schifano cambia radicalmente la traiettoria della sua arte. Dopo essere entrato nel panorama artistico italiano con una serie di opere di grande formato, puramente monocrome, ritorna drammaticamente alla figurazione, integrando segni e simboli della metropoli urbana con l’obiettivo di creare immagini pop che mettano in discussione la natura stessa della rappresentazione. Con il ritorno all’immagine – un radicale volta faccia rispetto a un contesto artistico che stava evitando ogni traccia di rappresentazione – Schifano mette in luce nel suo lavoro una combinazione di parodia giocosa e appropriazione, aspetti che lo distinguono sia dai suoi contemporanei italiani sia dagli esponenti della Pop art americana.
È in questo periodo che Schifano inizia a integrare i loghi di Coca Cola e di Esso nella sua arte. Le pubblicità di Coca Cola erano ovunque e divennero una peculiarità del paesaggio italiano del dopoguerra. In quegli anni quel logo, immediatamente riconoscibile, divenne un simbolo potente dell’imperialismo americano, un’icona globale e capitalista che trasmetteva il successo crescente della nuova superpotenza. Tuttavia, mentre in America Andy Warhol celebrava nella sua arte questa significativa declinazione della cultura del dopoguerra, Schifano, con le sue appropriazioni frammentarie di questo simbolo stava letteralmente decostruendo e minando questo mito della commercializzazione e del potere occidentale, usando titoli quali Particolare di propaganda (lotto 33) per indicare le sfumature più sinistre della proliferazione di questa icona globale.
Accanto a loghi blasonati simili a stencil e frammentari sulla tela, Schifano inizia a produrre anche opere che riprendono temi propri della storia dell’arte e, in particolare, il paesaggio. Sia Elemento per paesaggio (lotto 12) che Albero (lotto 32), entrambi del 1965, racchiudono questa particolare poetica dell’artista, che destruttura le componenti di una scena paesaggistica e ne rivela la configurazione e l’artificio intrinseco della pittura figurativa.
In the early 1960s, Mario Schifano dramatically changed the direction of his art. Having erupted onto the Italian art scene with a series of large-scale, purely monochrome works, he made a dramatic return to figuration, integrating the signs and symbols of the urban metropolis to create Pop-like images that question the very nature of representation itself. By returning to the image – a radical volte face in an artistic climate that had shunned all vestiges of representation – Schifano deployed a combination of playful parody and appropriation in his work, aspects that set him apart from both his Italian contemporaries and his American Pop art counterparts.
It was at this time that Schifano began integrating the Coca Cola and Esso logos into his art. A ubiquitous feature of contemporary life in urban post-war Italy, Coca Cola advertisements were everywhere. In these post-war years, this instantly recognisable logo served as a powerful symbol of American Imperialism, a global, Capitalist icon that conveyed the increasing might of the new super power. Yet, while his American contemporary Andy Warhol, was at the same time celebrating this essential part of post-war culture in his art, Schifano, with his fragmented appropriations of this symbol was literally deconstructing and undermining this myth of commercialisation and Western power, using titles such as Particolare di propaganda (lot 33) to point to the more sinister undertones of the proliferation of this global icon.
Along with these logos emblazoned stencil-like and fragmentary upon the canvas, Schifano also began to produce works that appropriated themes from art history, in particular the landscape. Both from 1965, Elemento per paesaggio (lot 12) and Albero (lot 32) encapsulate this part of the artist’s practice, breaking down the component parts of a landscape scene and in so doing revealing the structures and the inherent artifice of figurative painting.
“In the ‘60s, Tano Festa and I discussed our paintings, what we wanted to put into them, the pedestrian crossings, the asphalt, the level crossings, and all those things that we had not found in books, but needed for our training, for our way of creating culture...“.
-MARIO SCHIFANO
All’inizio degli anni Sessanta Mario Schifano cambia radicalmente la traiettoria della sua arte. Dopo essere entrato nel panorama artistico italiano con una serie di opere di grande formato, puramente monocrome, ritorna drammaticamente alla figurazione, integrando segni e simboli della metropoli urbana con l’obiettivo di creare immagini pop che mettano in discussione la natura stessa della rappresentazione. Con il ritorno all’immagine – un radicale volta faccia rispetto a un contesto artistico che stava evitando ogni traccia di rappresentazione – Schifano mette in luce nel suo lavoro una combinazione di parodia giocosa e appropriazione, aspetti che lo distinguono sia dai suoi contemporanei italiani sia dagli esponenti della Pop art americana.
È in questo periodo che Schifano inizia a integrare i loghi di Coca Cola e di Esso nella sua arte. Le pubblicità di Coca Cola erano ovunque e divennero una peculiarità del paesaggio italiano del dopoguerra. In quegli anni quel logo, immediatamente riconoscibile, divenne un simbolo potente dell’imperialismo americano, un’icona globale e capitalista che trasmetteva il successo crescente della nuova superpotenza. Tuttavia, mentre in America Andy Warhol celebrava nella sua arte questa significativa declinazione della cultura del dopoguerra, Schifano, con le sue appropriazioni frammentarie di questo simbolo stava letteralmente decostruendo e minando questo mito della commercializzazione e del potere occidentale, usando titoli quali Particolare di propaganda (lotto 33) per indicare le sfumature più sinistre della proliferazione di questa icona globale.
Accanto a loghi blasonati simili a stencil e frammentari sulla tela, Schifano inizia a produrre anche opere che riprendono temi propri della storia dell’arte e, in particolare, il paesaggio. Sia Elemento per paesaggio (lotto 12) che Albero (lotto 32), entrambi del 1965, racchiudono questa particolare poetica dell’artista, che destruttura le componenti di una scena paesaggistica e ne rivela la configurazione e l’artificio intrinseco della pittura figurativa.
In the early 1960s, Mario Schifano dramatically changed the direction of his art. Having erupted onto the Italian art scene with a series of large-scale, purely monochrome works, he made a dramatic return to figuration, integrating the signs and symbols of the urban metropolis to create Pop-like images that question the very nature of representation itself. By returning to the image – a radical volte face in an artistic climate that had shunned all vestiges of representation – Schifano deployed a combination of playful parody and appropriation in his work, aspects that set him apart from both his Italian contemporaries and his American Pop art counterparts.
It was at this time that Schifano began integrating the Coca Cola and Esso logos into his art. A ubiquitous feature of contemporary life in urban post-war Italy, Coca Cola advertisements were everywhere. In these post-war years, this instantly recognisable logo served as a powerful symbol of American Imperialism, a global, Capitalist icon that conveyed the increasing might of the new super power. Yet, while his American contemporary Andy Warhol, was at the same time celebrating this essential part of post-war culture in his art, Schifano, with his fragmented appropriations of this symbol was literally deconstructing and undermining this myth of commercialisation and Western power, using titles such as Particolare di propaganda (lot 33) to point to the more sinister undertones of the proliferation of this global icon.
Along with these logos emblazoned stencil-like and fragmentary upon the canvas, Schifano also began to produce works that appropriated themes from art history, in particular the landscape. Both from 1965, Elemento per paesaggio (lot 12) and Albero (lot 32) encapsulate this part of the artist’s practice, breaking down the component parts of a landscape scene and in so doing revealing the structures and the inherent artifice of figurative painting.