Lot Essay
“Per rendere in pittura una figura umana non devi dipingerla; devi semplicemente rendere la complessità dell’atmosfera che la circonda”.
“To paint a human figure you must not paint it; you must render the whole of its surrounding atmosphere”.
in Futurist Painting: Technical Manifesto (in C. Harrison & P. Wood, a cura di, Art in Theory 1900-1990: An Anthology of Changing Ideas, Oxford, 1992, p. 150).
Dopo il suo trasferimento a Parigi nel primo decennio del XIX secolo, Gino Severini rimase affascinato dalla vibrante energia che si respirava nei bar, nelle sale da ballo e nei cabaret della vivace metropoli. Ogni sera ballerini professionisti e dilettanti si abbandonavano con frenesia incontrollabile a serate di movimento, ritmo e rumore. L’artista riteneva che tali folgoranti baldorie non fossero altro che una perfetta rappresentazione dell’esperienza della modernità: l’energia pulsante e magnetica dei ballerini richiamava quella delle macchine e delle nuove tecnologie. Come i suoi colleghi Futuristi anche lui tentò di catturare l’essenza del movimento all’interno dei suoi dipinti attraverso l’utilizzo di punti di vista eterogenei, forme frammentate e reti di linee intricate che gli consentivano di trasmettere la velocità e al tempo stesso la potenza del corpo umano in movimento.
Nell’opera Danseuses fasci di luce illuminano due figure femminili che ballano su tacchi a spillo al suono di una banda invisibile. Severini, egli stesso ballerino appassionato, ha prestato molta attenzione alla cura dei dettagli della performance: dai movimenti del braccio accuratamente coreografati, al posizionamento delle gambe durante il compimento di una sequenza di passi, al modo in cui le gonne delle donne si muovono e svolazzano, dando vita ad eleganti onde increspate. Resi attraverso un’abbagliante gamma di lunghi tratti a pastello, i loro corpi sembrano dissolversi illuminati da luci elettriche, e le ballerine si fondono nell’ambiente circostante. Come ha spiegato lo stesso Severini, il suo scopo era quello di catturare l’inebriante esperienza di vita che si svolge nei club, così come di ritrarre l’immagine degli stessi ballerini: “Un quadro non sarà più la riproduzione fedele di una determinata scena, racchiusa in un telaio, ma la realizzazione di una visione complessa della vita o di cose che vivono nello spazio...”. (Severini citato in S. Fraquelli, From Futurism to Classicism, in Gino Severini: From Futurism to Classicism, catalogo della mostra, Londra 2000, p. 5). L’opera Danseuses si inserisce in un momento di intensa creatività dell’artista, che nell’aprile del 1913 sta lavorando alla sua prima personale a Londra, presso la Marlborough Gallery. Egli si butta a capofitto nella realizzazione di nuove opere, dedica alcuni mesi all’esplorazione di diversi linguaggi visivi, e muove da composizioni fortemente astratte a scene più figurative, incorporando elementi cubisti, divisionisti e futuristi, raggiungendo così il suo stile maturo.
Following his move to Paris in the opening decade of the twentieth century, Gino Severini became fascinated by the feverish energy of the bars, dancehalls and cabarets of the buzzing metropolis, where each night professional and amateur dancers alike would lose themselves in a riotous frenzy of movement, rhythm and noise. The artist believed these dazzling nocturnal revelries were a perfect encapsulation of the modern experience, seeing in the movements of these dancers a pulsating, magnetic energy akin to the dynamism of machines and new technology. Like his Futurist colleagues, Severini sought to capture the very sensation of this movement in his paintings, employing complex shifting viewpoints, fragmented forms, and intricate networks of lines to convey the speed and power of the human body in motion.
In Danseuses, the beams of the spotlights illuminate two female figures as they kick up their heels to the sounds of an unseen band. A keen dancer himself, Severini paid close attention to the unique details of the performance, from the carefully choreographed arm movements and positioning of their legs as they execute a step sequence, to the manner in which the women’s skirts fan outwards in elegant rippling waves as they move. Rendered in a dazzling array of elongated strokes of pastel, their bodies appear to dissolve beneath the electric lights, melding the dancers together with their surroundings. As Severini explained, his aim was to capture the heady experience of life in these clubs, as much as it was to record an image of the dancers themselves: ‘A picture will no longer be the faithful reproduction of a scene, enclosed in a window frame, but the realisation of a complex view of life or things that live in space…’ (Severini, quoted in S. Fraquelli, ‘From Futurism to Classicism,’ in Gino Severini: From Futurism to Classicism, exh. cat., London, 2000, p. 5). Danseuses emerged during a period of intense creativity for Severini as he prepared for his first solo exhibition, due to be held at the Marlborough Galleries in London in April 1913. Throwing himself headlong into the creation of new works, the artist spent several months exploring a variety of different visual languages, moving between completely abstract compositions to more figurative scenes, incorporating elements of Cubism, Divisionism and Futurism, to reach his mature style.
“To paint a human figure you must not paint it; you must render the whole of its surrounding atmosphere”.
in Futurist Painting: Technical Manifesto (in C. Harrison & P. Wood, a cura di, Art in Theory 1900-1990: An Anthology of Changing Ideas, Oxford, 1992, p. 150).
Dopo il suo trasferimento a Parigi nel primo decennio del XIX secolo, Gino Severini rimase affascinato dalla vibrante energia che si respirava nei bar, nelle sale da ballo e nei cabaret della vivace metropoli. Ogni sera ballerini professionisti e dilettanti si abbandonavano con frenesia incontrollabile a serate di movimento, ritmo e rumore. L’artista riteneva che tali folgoranti baldorie non fossero altro che una perfetta rappresentazione dell’esperienza della modernità: l’energia pulsante e magnetica dei ballerini richiamava quella delle macchine e delle nuove tecnologie. Come i suoi colleghi Futuristi anche lui tentò di catturare l’essenza del movimento all’interno dei suoi dipinti attraverso l’utilizzo di punti di vista eterogenei, forme frammentate e reti di linee intricate che gli consentivano di trasmettere la velocità e al tempo stesso la potenza del corpo umano in movimento.
Nell’opera Danseuses fasci di luce illuminano due figure femminili che ballano su tacchi a spillo al suono di una banda invisibile. Severini, egli stesso ballerino appassionato, ha prestato molta attenzione alla cura dei dettagli della performance: dai movimenti del braccio accuratamente coreografati, al posizionamento delle gambe durante il compimento di una sequenza di passi, al modo in cui le gonne delle donne si muovono e svolazzano, dando vita ad eleganti onde increspate. Resi attraverso un’abbagliante gamma di lunghi tratti a pastello, i loro corpi sembrano dissolversi illuminati da luci elettriche, e le ballerine si fondono nell’ambiente circostante. Come ha spiegato lo stesso Severini, il suo scopo era quello di catturare l’inebriante esperienza di vita che si svolge nei club, così come di ritrarre l’immagine degli stessi ballerini: “Un quadro non sarà più la riproduzione fedele di una determinata scena, racchiusa in un telaio, ma la realizzazione di una visione complessa della vita o di cose che vivono nello spazio...”. (Severini citato in S. Fraquelli, From Futurism to Classicism, in Gino Severini: From Futurism to Classicism, catalogo della mostra, Londra 2000, p. 5). L’opera Danseuses si inserisce in un momento di intensa creatività dell’artista, che nell’aprile del 1913 sta lavorando alla sua prima personale a Londra, presso la Marlborough Gallery. Egli si butta a capofitto nella realizzazione di nuove opere, dedica alcuni mesi all’esplorazione di diversi linguaggi visivi, e muove da composizioni fortemente astratte a scene più figurative, incorporando elementi cubisti, divisionisti e futuristi, raggiungendo così il suo stile maturo.
Following his move to Paris in the opening decade of the twentieth century, Gino Severini became fascinated by the feverish energy of the bars, dancehalls and cabarets of the buzzing metropolis, where each night professional and amateur dancers alike would lose themselves in a riotous frenzy of movement, rhythm and noise. The artist believed these dazzling nocturnal revelries were a perfect encapsulation of the modern experience, seeing in the movements of these dancers a pulsating, magnetic energy akin to the dynamism of machines and new technology. Like his Futurist colleagues, Severini sought to capture the very sensation of this movement in his paintings, employing complex shifting viewpoints, fragmented forms, and intricate networks of lines to convey the speed and power of the human body in motion.
In Danseuses, the beams of the spotlights illuminate two female figures as they kick up their heels to the sounds of an unseen band. A keen dancer himself, Severini paid close attention to the unique details of the performance, from the carefully choreographed arm movements and positioning of their legs as they execute a step sequence, to the manner in which the women’s skirts fan outwards in elegant rippling waves as they move. Rendered in a dazzling array of elongated strokes of pastel, their bodies appear to dissolve beneath the electric lights, melding the dancers together with their surroundings. As Severini explained, his aim was to capture the heady experience of life in these clubs, as much as it was to record an image of the dancers themselves: ‘A picture will no longer be the faithful reproduction of a scene, enclosed in a window frame, but the realisation of a complex view of life or things that live in space…’ (Severini, quoted in S. Fraquelli, ‘From Futurism to Classicism,’ in Gino Severini: From Futurism to Classicism, exh. cat., London, 2000, p. 5). Danseuses emerged during a period of intense creativity for Severini as he prepared for his first solo exhibition, due to be held at the Marlborough Galleries in London in April 1913. Throwing himself headlong into the creation of new works, the artist spent several months exploring a variety of different visual languages, moving between completely abstract compositions to more figurative scenes, incorporating elements of Cubism, Divisionism and Futurism, to reach his mature style.