Lot Essay
"Nel mio lavoro invoco la trasparenza etimologica di Fra Angelico, Johannes Vermeer, Nicolas Poussin, Lorenzo Lotto e Jacques-Louis David"
"In my work I invoke the etymological transparency of Fra Angelico, Johannes Vermeer, Nicolas Poussin, Lorenzo Lotto and Jacques-Louis David"
GIULIO PAOLINI
Le tre sculture in gesso Proteo, Proteo (II) e Proteo (III) furono realizzate nel 1971 e costituiscono una rappresentazione teatrale dell'agilità concettuale giocosa di Giulio Paolini. Intrinsecamente collegata ai temi intellettuali cari all’artista durante tutta la sua carriera, quali la citazione, la duplicazione e la frammentazione, la serie prende il nome da Proteo, il mutevole dio greco che aveva la capacità di trasformarsi in qualsiasi forma desiderasse. In Proteo, un busto neoclassico di Omero dopo esser stato disgregato in 64 pezzi, è stato riassemblato senza alcuno specifico ordine e, come affermò lo stesso Paolini “non per ripristinare la sua fisiognomica ma piuttosto la porzione di spazio che occupava in origine” (G. Paolini citato in G. Celant, Giulio Paolini, New York, 1972, p. 96). Nel secondo lavoro, un piede destro viene misteriosamente duplicato, al posto di essere accoppiato con la parte anatomica complementare. Nel terzo, un calco della mano dell’artista aleggia sopra un foglio di carta sul quale è tracciato a matita il suo profilo: i due si corrispondono, ma non potranno mai toccarsi. Come il multiforme Proteo, anche questo affascinante gruppo di sculture può essere ammirato da una miriade di angolazioni diverse, dando vita a una meditazione poetica sulla natura metafisica della pratica artistica.
Consisting of three separate plaster sculptures made in 1971 – Proteo, Proteo (II) and Proteo (III) – the present group of works is a theatrical display of Giulio Paolini’s playful conceptual agility. Engaging with the artist’s enduring intellectual themes of quotation, duplication and fragmentation, the series is named for Proteus, the mutable Greek god who had the ability to shapeshift into whatever form he desired. The three works each enact a different process of transformation. In Proteo, a neoclassical bust of Homer is shattered into sixty-five pieces, which are reassembled in no particular order – as Paolini said, ‘not to restore his physiognomy, but rather the portion of space that he originally occupied’ (G. Paolini, quoted in G. Celant, Giulio Paolini, New York 1972, p. 96). In the second work, a right foot is uncannily doubled, rather than being paired with its anatomical complement. In the third, a cast of the artist’s hand hovers above a sheet of card on which its outline is traced in pencil: the two echo one another, but can never touch. Like many-faced Proteus, this intriguing group of sculptures can be viewed from myriad different angles, creating a poetic meditation on the metaphysical nature of artistic practice.
"In my work I invoke the etymological transparency of Fra Angelico, Johannes Vermeer, Nicolas Poussin, Lorenzo Lotto and Jacques-Louis David"
GIULIO PAOLINI
Le tre sculture in gesso Proteo, Proteo (II) e Proteo (III) furono realizzate nel 1971 e costituiscono una rappresentazione teatrale dell'agilità concettuale giocosa di Giulio Paolini. Intrinsecamente collegata ai temi intellettuali cari all’artista durante tutta la sua carriera, quali la citazione, la duplicazione e la frammentazione, la serie prende il nome da Proteo, il mutevole dio greco che aveva la capacità di trasformarsi in qualsiasi forma desiderasse. In Proteo, un busto neoclassico di Omero dopo esser stato disgregato in 64 pezzi, è stato riassemblato senza alcuno specifico ordine e, come affermò lo stesso Paolini “non per ripristinare la sua fisiognomica ma piuttosto la porzione di spazio che occupava in origine” (G. Paolini citato in G. Celant, Giulio Paolini, New York, 1972, p. 96). Nel secondo lavoro, un piede destro viene misteriosamente duplicato, al posto di essere accoppiato con la parte anatomica complementare. Nel terzo, un calco della mano dell’artista aleggia sopra un foglio di carta sul quale è tracciato a matita il suo profilo: i due si corrispondono, ma non potranno mai toccarsi. Come il multiforme Proteo, anche questo affascinante gruppo di sculture può essere ammirato da una miriade di angolazioni diverse, dando vita a una meditazione poetica sulla natura metafisica della pratica artistica.
Consisting of three separate plaster sculptures made in 1971 – Proteo, Proteo (II) and Proteo (III) – the present group of works is a theatrical display of Giulio Paolini’s playful conceptual agility. Engaging with the artist’s enduring intellectual themes of quotation, duplication and fragmentation, the series is named for Proteus, the mutable Greek god who had the ability to shapeshift into whatever form he desired. The three works each enact a different process of transformation. In Proteo, a neoclassical bust of Homer is shattered into sixty-five pieces, which are reassembled in no particular order – as Paolini said, ‘not to restore his physiognomy, but rather the portion of space that he originally occupied’ (G. Paolini, quoted in G. Celant, Giulio Paolini, New York 1972, p. 96). In the second work, a right foot is uncannily doubled, rather than being paired with its anatomical complement. In the third, a cast of the artist’s hand hovers above a sheet of card on which its outline is traced in pencil: the two echo one another, but can never touch. Like many-faced Proteus, this intriguing group of sculptures can be viewed from myriad different angles, creating a poetic meditation on the metaphysical nature of artistic practice.