拍品专文
"Gladiatori! questa parola contiene un enigma"
Giorgio de Chirico, Hebdomeros
Il tema dei Gladiatori è tra quelli che distinguono la produzione di Giorgio de Chirico negli anni Venti. Il pittore, dopo averlo elaborato in alcuni dipinti tra cui quello molto precoce che presentiamo, lo sceglie anche per il più importante ciclo da lui realizzato in quegli anni, quello di casa Rosenberg. Il celebre mercante e collezionista Léonce Rosenberg, avendo scelto di affidare ad alcuni tra i più importanti artisti dell'epoca (tra cui Léger, Picabia, Ernst, Savinio, Severini) la decorazione del proprio appartamento parigino, chiama anche de Chirico a partecipare ai lavori. Il tema dei Gladiatori era particolarmente congeniale all'artista in quanto unisce il riferimento all'antico a una interpretazione metafisica del combattimento come conflitto tra energie vitali, alcune destinate a sopravvivere e espandersi, altre a soccombere.
Nel dipinto che presentiamo, il tono enigmatico ed ambiguo delle opere di de Chirico si incontra col tema della morte come spettacolo. Il dipinto diventa rappresentazione di una rappresentazione, enfatizzando il carattere teatrale e volutamente artificiale della pittura di de Chirico.
Le fonti pittoriche sono chiaramente antiche; la sintesi nel trattamento delle figure è debitrice della pittura compendiaria romana ma anche del bassorilievo e del mosaico, tecniche che non consentivano la minuzia del particolare.
Il recinto circolare dell'arena in cui si svolgono i combattimenti è appena accennato, con una economia di mezzi che ci porta a concentrarci solo sugli elementi essenziali della composizione, collocati lungo un asse verticale centrale. Le figure sono disposte in modo compatto e sapiente attorno a questo asse. Alle due orizzontali del corpo disteso, circondato dall'inutile abbraccio della curva inferiore dell'arena, rispondono le verticali del gladiatore in piedi, della statua retrostante col suo lungo bastone, dello scudo. Anche la tavolozza è spinta da de Chirico verso l'estrema semplificazione: agli incarnati risponde solo un grigio rialzato da pennellate bianche. Sono grigie le ombre, i capelli del gladiatore sconfitto, l'elmo e lo scudo del vincitore, le mura, il recinto e il terreno dell'arena. Le statue classiche sono presenze a cui de Chirico non rinuncia mai, un popolo di muti testimoni che affollano i suoi dipinti; in questo caso, paradossalmente, la statua è la sola ad avere volto, fisionomia ed espressione leggibili. L'elmo infatti, oltre a essere un riferimento filologicamente e storicamente corretto, maschera il volto del vincitore e ne avvicina la figura a quella dei celebri manichini, portando al punto più alto il tono enigmatico e misterioso di questo dipinto.
Giorgio de Chirico, Hebdomeros
Il tema dei Gladiatori è tra quelli che distinguono la produzione di Giorgio de Chirico negli anni Venti. Il pittore, dopo averlo elaborato in alcuni dipinti tra cui quello molto precoce che presentiamo, lo sceglie anche per il più importante ciclo da lui realizzato in quegli anni, quello di casa Rosenberg. Il celebre mercante e collezionista Léonce Rosenberg, avendo scelto di affidare ad alcuni tra i più importanti artisti dell'epoca (tra cui Léger, Picabia, Ernst, Savinio, Severini) la decorazione del proprio appartamento parigino, chiama anche de Chirico a partecipare ai lavori. Il tema dei Gladiatori era particolarmente congeniale all'artista in quanto unisce il riferimento all'antico a una interpretazione metafisica del combattimento come conflitto tra energie vitali, alcune destinate a sopravvivere e espandersi, altre a soccombere.
Nel dipinto che presentiamo, il tono enigmatico ed ambiguo delle opere di de Chirico si incontra col tema della morte come spettacolo. Il dipinto diventa rappresentazione di una rappresentazione, enfatizzando il carattere teatrale e volutamente artificiale della pittura di de Chirico.
Le fonti pittoriche sono chiaramente antiche; la sintesi nel trattamento delle figure è debitrice della pittura compendiaria romana ma anche del bassorilievo e del mosaico, tecniche che non consentivano la minuzia del particolare.
Il recinto circolare dell'arena in cui si svolgono i combattimenti è appena accennato, con una economia di mezzi che ci porta a concentrarci solo sugli elementi essenziali della composizione, collocati lungo un asse verticale centrale. Le figure sono disposte in modo compatto e sapiente attorno a questo asse. Alle due orizzontali del corpo disteso, circondato dall'inutile abbraccio della curva inferiore dell'arena, rispondono le verticali del gladiatore in piedi, della statua retrostante col suo lungo bastone, dello scudo. Anche la tavolozza è spinta da de Chirico verso l'estrema semplificazione: agli incarnati risponde solo un grigio rialzato da pennellate bianche. Sono grigie le ombre, i capelli del gladiatore sconfitto, l'elmo e lo scudo del vincitore, le mura, il recinto e il terreno dell'arena. Le statue classiche sono presenze a cui de Chirico non rinuncia mai, un popolo di muti testimoni che affollano i suoi dipinti; in questo caso, paradossalmente, la statua è la sola ad avere volto, fisionomia ed espressione leggibili. L'elmo infatti, oltre a essere un riferimento filologicamente e storicamente corretto, maschera il volto del vincitore e ne avvicina la figura a quella dei celebri manichini, portando al punto più alto il tono enigmatico e misterioso di questo dipinto.