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Gli anni Sessanta vedono la maturazione di una nuova produzione pittorica di Piero Dorazio, quella che contraddistinguerà la fase più famosa della sua carriera.
La tela diventa campo di sperimentazioni di vibrazioni di colori, delineandosi in reticoli ordinati e regolari.
Linee ritmate attraversano la superficie del dipinto creano un gioco di intrecci che consentono all'osservatore di seguire il gesto dell'artista in fase di creazione.
Verdino si colloca in questo filone dell'opera di Dorazio, proponendo un serio reticolo che copre l'intero spazio della tela.
L'uso di un unico colore non dà l'idea del quadro monocromatico, in quanto le linee verdi si alternano sapientemente alle piccole aree bianche di vuoto tra le righe, che da sfondo non dipinto diventano parti integranti della composizione, giocando sulla trasparenza di alcuni tratti.
L'intersecarsi e sovrapporsi dei segni colorati fa vibrare la tela di una luminosità e un movimento che l'occhio sembra percepire, senza essere piatta e uniforme. Il colore verde accentua il tono di calma e rilassatezza dello sguardo.
Tutto sembra rivelare l'attento studio dell'artista verso la struttura finale del dipinto, nonostante l'apparente semplicità.
Dorazio sottolinea l'importanza di una pittura innovativa in direzione dell'astrazione, nuova forma espressiva che secondo lui e alcuni artisti contemporanei sono l'unica strada verso il futuro dell'arte.
Nel 1947 il pittore è stato cofondatore del movimento Forma 1, insieme ai colleghi Accardi, Attardi, Consagra, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato, gruppo che si opponeva alla pittura realista e figurativa che dominava in Italia all'epoca. Solo la forma pura astratta, in linea con le correnti europee e americane contemporanee, può portare a un miglioramento e alla vera rivoluzione artistica.
"Il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione: il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un'armonia di forme pure".
"La forma è mezzo e fine; il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura, anche come arredamento di una stanza - il fine dell'opera d'arte, è l'utilità, la bellezza armoniosa, la non pesantezza".
(punti III e IV del Manifesto del gruppo Forma 1, Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato, Roma, 15 marzo 1947)
La tela diventa campo di sperimentazioni di vibrazioni di colori, delineandosi in reticoli ordinati e regolari.
Linee ritmate attraversano la superficie del dipinto creano un gioco di intrecci che consentono all'osservatore di seguire il gesto dell'artista in fase di creazione.
Verdino si colloca in questo filone dell'opera di Dorazio, proponendo un serio reticolo che copre l'intero spazio della tela.
L'uso di un unico colore non dà l'idea del quadro monocromatico, in quanto le linee verdi si alternano sapientemente alle piccole aree bianche di vuoto tra le righe, che da sfondo non dipinto diventano parti integranti della composizione, giocando sulla trasparenza di alcuni tratti.
L'intersecarsi e sovrapporsi dei segni colorati fa vibrare la tela di una luminosità e un movimento che l'occhio sembra percepire, senza essere piatta e uniforme. Il colore verde accentua il tono di calma e rilassatezza dello sguardo.
Tutto sembra rivelare l'attento studio dell'artista verso la struttura finale del dipinto, nonostante l'apparente semplicità.
Dorazio sottolinea l'importanza di una pittura innovativa in direzione dell'astrazione, nuova forma espressiva che secondo lui e alcuni artisti contemporanei sono l'unica strada verso il futuro dell'arte.
Nel 1947 il pittore è stato cofondatore del movimento Forma 1, insieme ai colleghi Accardi, Attardi, Consagra, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato, gruppo che si opponeva alla pittura realista e figurativa che dominava in Italia all'epoca. Solo la forma pura astratta, in linea con le correnti europee e americane contemporanee, può portare a un miglioramento e alla vera rivoluzione artistica.
"Il quadro, la scultura, presentano come mezzi di espressione: il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un'armonia di forme pure".
"La forma è mezzo e fine; il quadro deve poter servire anche come complemento decorativo di una parete nuda, la scultura, anche come arredamento di una stanza - il fine dell'opera d'arte, è l'utilità, la bellezza armoniosa, la non pesantezza".
(punti III e IV del Manifesto del gruppo Forma 1, Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato, Roma, 15 marzo 1947)