拍品专文
Se in Yves Klein e nel Manzoni degli "achromes" il colore è luce fatta materia, per quanto mi riguarda, nella mia opera, il colore ha significato di fenomeno dal quale è la forma. Ciò che dà ragione del mio titolare le opere che vengo elaborando semplicemente nominando il colore: non si tratta di forme dipinte, bensì di colore che diviene forma. Dalla immobilità di colore-luce-superficie, a una dinamica di percorsi e spinte da un "tutto interno", e attrazioni contrarie, sarà emersione della forma.
E sarà "Bianco" se nel concorso, per incidenza della luce da una qualsiasi sorgente, anche nella casualità, vorrò una più intensa accensione luminosa richiamata a natura dell'opera, sospingendo le "estroflessioni" della superficie a particolari vertici, mentre per il lento digradare delle stesse il massimo di luminosità cederà, principiando ineffabile, a un crescere d'ombre, con effetto di ambiguità percettiva tra consistenza ed evanescenza. Ciò che sarà o non sarà, anche in continuo rovesciamento, per la mobilità dianzi richiamata del rapporto tra opera, luce e soggetto riguardante.
Va da sé che se la possibilità della forma è, come si diceva, dal colore in quanto luce, non sarà una decisione separata, quasi estranea all'attività creativa, a colorare la forma: un colore qualsiasi per una forma qualsiasi. Cosa che sarebbe riduzione dell'estetica a formalismo decorativo.
Il bianco è il massimo di luminosità, e una scelta in questo senso sarà per una soluzione formale che sia risposta soddisfacente ad un ben individuato tema percettivo, in una considerazione assai problematica della funzione estetica, dove struttura forma e immagine sono dato e apparenza, pensiero che astrae e sensorialità.
Il nero accentuando a profondità l'ombra, dal rapporto colore-sorgente luminosa-ambiente, esprimendo la forma, dinamica nel proporsi in avanti e ritrarsi della struttura organica, maggiormente, o forse soltanto diversamente che nel bianco porta a pensare (tensione intuitiva) un intimo interno e un fuori: un dentro che sembra attrarre lo spazio esterno nell'approfondirsi dell'ombra: accensione ancora di apparenza: immagine.
Bianco, Nero: gli altri colori sono passaggi tra gli estremi.
(A. Bonalumi, 2004)
E sarà "Bianco" se nel concorso, per incidenza della luce da una qualsiasi sorgente, anche nella casualità, vorrò una più intensa accensione luminosa richiamata a natura dell'opera, sospingendo le "estroflessioni" della superficie a particolari vertici, mentre per il lento digradare delle stesse il massimo di luminosità cederà, principiando ineffabile, a un crescere d'ombre, con effetto di ambiguità percettiva tra consistenza ed evanescenza. Ciò che sarà o non sarà, anche in continuo rovesciamento, per la mobilità dianzi richiamata del rapporto tra opera, luce e soggetto riguardante.
Va da sé che se la possibilità della forma è, come si diceva, dal colore in quanto luce, non sarà una decisione separata, quasi estranea all'attività creativa, a colorare la forma: un colore qualsiasi per una forma qualsiasi. Cosa che sarebbe riduzione dell'estetica a formalismo decorativo.
Il bianco è il massimo di luminosità, e una scelta in questo senso sarà per una soluzione formale che sia risposta soddisfacente ad un ben individuato tema percettivo, in una considerazione assai problematica della funzione estetica, dove struttura forma e immagine sono dato e apparenza, pensiero che astrae e sensorialità.
Il nero accentuando a profondità l'ombra, dal rapporto colore-sorgente luminosa-ambiente, esprimendo la forma, dinamica nel proporsi in avanti e ritrarsi della struttura organica, maggiormente, o forse soltanto diversamente che nel bianco porta a pensare (tensione intuitiva) un intimo interno e un fuori: un dentro che sembra attrarre lo spazio esterno nell'approfondirsi dell'ombra: accensione ancora di apparenza: immagine.
Bianco, Nero: gli altri colori sono passaggi tra gli estremi.
(A. Bonalumi, 2004)