拍品专文
L'opera sarà pubblicata nel Catalogue Raisonné Massimo Campigli di prossima pubblicazione a cura della Galleria Tega, Milano
Quando composi, ai primi passi della mia pittura, la mia tavolozza, preferii le 'terre'. Questo nome di terre mi piaceva per ragioni poetiche, mentre trovavo antipoetiche le denominazioni dei colori chimici. Era poi il tempo della mia grande austerità e una tavolozza povera mi sembrava consona alla mia sobrietà e al mio orgogolio (AA. VV., Omaggio a Campigli, Roma 1972, p. 18)
Una pittura fuori dal tempo, quella di Campigli, in cui un gusto primitivo e anacronistico domina e detta le regole dello stile: promotore di quel "Ritorno all'ordine" che tra gli anni Venti e Trenta ripropone una ripresa di canoni artistici più tradizionali, da cui andare ad attingere per ritrovare i fondamenti di un'arte eterna.
I luoghi prescelti per questo dialogo senza tempo, dove Campigli cercava instancabilmente i soggetti delle sue opere, erano i musei, da sempre spazi eletti in cui impostare un segreto scambio con le immagini del passato: il pittore si innamorava letteralmente delle statue, rielaborandole nella sua fantasia artistica e cristallizzandole nelle tele come se custodite in teche preziose. I modelli principali sono prevalmentemente mediterranei, soprattutto etruschi.
Le sue donne si stagliano su un fondo di deserto, in una piena luce solare di sabbia, fluttuando senza un piano d'appoggio, e si bilanciano all'interno dello spazio della tela creando un'atmosfera senza tempo, quasi ieratica, circondate da una materia che viene trattata come se fosse affresco, per togliere profondità ai personaggi, ritratti frontalmente o con profili numismatici, come in quest'opera, in un equilibrio scenografico sempre ben studiato.
Quando composi, ai primi passi della mia pittura, la mia tavolozza, preferii le 'terre'. Questo nome di terre mi piaceva per ragioni poetiche, mentre trovavo antipoetiche le denominazioni dei colori chimici. Era poi il tempo della mia grande austerità e una tavolozza povera mi sembrava consona alla mia sobrietà e al mio orgogolio (AA. VV., Omaggio a Campigli, Roma 1972, p. 18)
Una pittura fuori dal tempo, quella di Campigli, in cui un gusto primitivo e anacronistico domina e detta le regole dello stile: promotore di quel "Ritorno all'ordine" che tra gli anni Venti e Trenta ripropone una ripresa di canoni artistici più tradizionali, da cui andare ad attingere per ritrovare i fondamenti di un'arte eterna.
I luoghi prescelti per questo dialogo senza tempo, dove Campigli cercava instancabilmente i soggetti delle sue opere, erano i musei, da sempre spazi eletti in cui impostare un segreto scambio con le immagini del passato: il pittore si innamorava letteralmente delle statue, rielaborandole nella sua fantasia artistica e cristallizzandole nelle tele come se custodite in teche preziose. I modelli principali sono prevalmentemente mediterranei, soprattutto etruschi.
Le sue donne si stagliano su un fondo di deserto, in una piena luce solare di sabbia, fluttuando senza un piano d'appoggio, e si bilanciano all'interno dello spazio della tela creando un'atmosfera senza tempo, quasi ieratica, circondate da una materia che viene trattata come se fosse affresco, per togliere profondità ai personaggi, ritratti frontalmente o con profili numismatici, come in quest'opera, in un equilibrio scenografico sempre ben studiato.