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'Penso che sia illegittimo e pretenzioso voler deformare lo spazio in maniera definitiva ed irreversibile, con la presunzione oltre tutto di voler incidere nella realtà: si tratta nella migliore delle ipotesi di una operazione inutile. Al massimo è lecito strutturarlo in modo da renderlo percettibile e sensorialmente fruibile; lo spazio in fondo ci interessa e ci preoccupa in quanto ci contiene'.
Con queste parole si apre il breve, puntuale scritto di Enrico Castellani redatto nel 1967 in occasione della celebre rassegna Lo spazio dell'immagine allestita nelle sale di Palazzo Trinci a Foligno. Attuali ancora oggi, chiariscono concretamente la principale problematica attorno alla quale, dal 1959, verte tutto il lavoro dell'artista che, a parte alcune eccezioni, si sviluppa in modo coerente, sempre fedele all'intuizione iniziale eppure sempre differente.
Efficace tuttora ad oltre cinquanta anni dalla sua fondazione, il metodo di lavoro di Castellani, un vero e proprio sistema, prevede l'alterazione della classica tensione della superficie della tela attraverso l'uso di chiodi che imprimono e producono sulla stessa inflessioni ed aggetti.
Con queste parole si apre il breve, puntuale scritto di Enrico Castellani redatto nel 1967 in occasione della celebre rassegna Lo spazio dell'immagine allestita nelle sale di Palazzo Trinci a Foligno. Attuali ancora oggi, chiariscono concretamente la principale problematica attorno alla quale, dal 1959, verte tutto il lavoro dell'artista che, a parte alcune eccezioni, si sviluppa in modo coerente, sempre fedele all'intuizione iniziale eppure sempre differente.
Efficace tuttora ad oltre cinquanta anni dalla sua fondazione, il metodo di lavoro di Castellani, un vero e proprio sistema, prevede l'alterazione della classica tensione della superficie della tela attraverso l'uso di chiodi che imprimono e producono sulla stessa inflessioni ed aggetti.