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'Ho desiderato da molto tempo approfondire un'indagine su come il fuoco brucia e consuma, capire la natura della combustione, e su come tutto può vivere e morire nella combustione per creare un'unità perfetta'.
(A. Burri, citato in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, cat. mostra, New York 2015, p. 182)
Una superficie luminosa di cellotex rosso impreziosita da frammenti di plastica bruciati e anneriti in maniera drammatica, Rosso plastica di Alberto Burri è una delle prime opere appartenente alla serie delle Combustioni plastiche iniziata dall'artista intorno al 1960. Eseguito nel 1961, l'opera risale ad un periodo di grande sperimentazione nell'attività di Burri, il quale, con invenzione incessante, continuava ad indagare sulle forti possibilità estetiche dell'uso di materiali industriali e a sottoporli alla forza elementare del fuoco. Adoperando la plastica come tela e la fiamma ossidrica come pennello, ancora una volta Burri ha allargato e ridefinito in modo significativo il confine della pittura.
Dopo aver indagato e sfruttato sin dall'inizio della sua attività artistica le proprietà fisiche dei materiali, nel 1955 Burri si è rivolto per la prima volta alla forza elementare del fuoco. Le prime combustioni furono realizzate con la carta, poi l'artista ha utilizzato il sacco e il legno, e infine, verso la fine degli anni Cinquanta, la plastica. Con la fiamma ossidrica, l'artista diede fuoco alla plastica, sfruttando il calore, le fiamme e il fumo per scolpire e manipolare il materiale malleabile in fase di scioglimento. Tra i primi artisti dell'avanguardia europea a ricorrere continuamente nella sua produzione all'uso del fuoco, Burri stesso fu coinvolto nel processo artistico, stabilendo un dialogo intimo con la materia, soffiando le fiamme in direzioni determinate, premendo e tirando la plastica stessa per creare la superficie increspata, piegata, ustionata così caratteristica e originale. "Nulla è lasciato al caso", Burri ha dichiarato a proposito del suo processo combustivo, "Quello che faccio è il metodo di pittura più controllato e più controllabile... Bisogna controllare la materia, cosa che si realizza con l'impadronirsi della tecnica". (A. Burri, citato in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, catalogo mostra, New York 2015, p. 211).
Dalla sfida con questa feroce distruzione, Burri trasse una nuova forma di bellezza pura, creando opere come Rosso plastica caratterizzate dalle superfici fortemente drammatiche, opulente e composte di rientranze e concavità. Sconvolto dalla distruzione del proprio paese e profondamente colpito dalle esperienze personali come medico nell'esercito e dalla prigionia in un campo di internamento nel Texas dopo la Seconda Guerra Mondiale, Burri, come molti artisti europei, ha compreso la futilità della mimesi pittorica e dell'illusionismo, rendendosi conto che era necessario trovare un nuovo strumento pittorico. Utilizzando una serie di materiali alternativi - la juta, il ferro e il sacco - e dei processi artistici innovativi come la cucitura e la bruciatura, Burri concepì una visione dell'arte del tutto nuova, fondata semplicemente sulle proprietà fisiche della composizione stessa, realizzando opere che svelavano la propria materialità inerente. Questa bellezza pura e innovativa fu davvero radicale: liberata dalla rappresentazione, nasceva dalla distruzione, l'incarnazione di un'arte nuova e elementare.
'For a long time I have wanted to explore how fire consumes, to understand the nature of combustion, and how everything lives and dies in combustion to form a perfect unity'
(A. Burri quoted in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, exh. cat., New York 2015, p. 182)
A glowing red cellotex plane adorned with dramatically scorched and cindered pieces of burnt plastic, Alberto Burri's Rosso Plastica is an early work belonging to a series of progressive Combustioni plastiche or plastic combustions that the artist began around 1960. Executed in 1961, this work dates from a period of immense experimentation in Burri's career, as he continued with ceaseless invention to explore the powerful aesthetic possibilities of using industrial materials and subjecting them to the elemental power of fire. Taking plastic as his canvas and the blowtorch as his paintbrush Burri once more expanded and significantly redefined the boundaries of painting.
Having since his earliest days as an artist explored and exploited the physical properties of materials, Burri first turned to the elemental force of fire in 1955. These first Combustioni were made with paper before the artist moved on to burlap and wood, and in the late 1950s, plastic. Using a blowtorch, the artist set fire to the plastic, using the heat, flames and smoke to sculpt and manipulate the melting and malleable material. One of the first European avant-garde artists to consistently use fire in his art, Burri himself was actively involved in the artistic process, entering into a intimate dialogue with the material, blowing the flames in certain directions and pressing and pulling at the plastic itself to help create the highly distinctive and unique rippling, folded and blistered surface. 'Nothing is left to chance', Burri explained of his combustive process, 'What I do here is the most controlled and controllable type of painting You need to control the material and this is achieved by mastering the technique' (A. Burri quoted in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, exh. cat., New York 2015, p. 211).
From the throes of this fiery destruction Burri wrought a new form of raw beauty, creating works such as Rosso plastica that are characterised by fiercely dramatic and opulent surfaces composed of flowing rivulets, indentations and concavities. Shocked by the catastrophic destruction that had befallen his native Italy and deeply affected by both his experiences as a medic in the army and his internment in a prisoner of war camp in Texas, USA, following the Second World War, Burri, like many of his European counterparts, realised that pictorial mimesis and illusionism was futile and that a new mode of picture making needed to be found. Using a range of unorthodox materials - burlap, iron and sacking for example - and novel artistic processes such as sewing and burning, Burri forged an entirely new conception of art based solely on the physical properties of its composition, creating works that revealed and revelled in their own inherent materiality. This new and raw beauty was truly radical: expunged of representation, it was created from destruction, the embodiment of a new and elemental art.
(A. Burri, citato in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, cat. mostra, New York 2015, p. 182)
Una superficie luminosa di cellotex rosso impreziosita da frammenti di plastica bruciati e anneriti in maniera drammatica, Rosso plastica di Alberto Burri è una delle prime opere appartenente alla serie delle Combustioni plastiche iniziata dall'artista intorno al 1960. Eseguito nel 1961, l'opera risale ad un periodo di grande sperimentazione nell'attività di Burri, il quale, con invenzione incessante, continuava ad indagare sulle forti possibilità estetiche dell'uso di materiali industriali e a sottoporli alla forza elementare del fuoco. Adoperando la plastica come tela e la fiamma ossidrica come pennello, ancora una volta Burri ha allargato e ridefinito in modo significativo il confine della pittura.
Dopo aver indagato e sfruttato sin dall'inizio della sua attività artistica le proprietà fisiche dei materiali, nel 1955 Burri si è rivolto per la prima volta alla forza elementare del fuoco. Le prime combustioni furono realizzate con la carta, poi l'artista ha utilizzato il sacco e il legno, e infine, verso la fine degli anni Cinquanta, la plastica. Con la fiamma ossidrica, l'artista diede fuoco alla plastica, sfruttando il calore, le fiamme e il fumo per scolpire e manipolare il materiale malleabile in fase di scioglimento. Tra i primi artisti dell'avanguardia europea a ricorrere continuamente nella sua produzione all'uso del fuoco, Burri stesso fu coinvolto nel processo artistico, stabilendo un dialogo intimo con la materia, soffiando le fiamme in direzioni determinate, premendo e tirando la plastica stessa per creare la superficie increspata, piegata, ustionata così caratteristica e originale. "Nulla è lasciato al caso", Burri ha dichiarato a proposito del suo processo combustivo, "Quello che faccio è il metodo di pittura più controllato e più controllabile... Bisogna controllare la materia, cosa che si realizza con l'impadronirsi della tecnica". (A. Burri, citato in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, catalogo mostra, New York 2015, p. 211).
Dalla sfida con questa feroce distruzione, Burri trasse una nuova forma di bellezza pura, creando opere come Rosso plastica caratterizzate dalle superfici fortemente drammatiche, opulente e composte di rientranze e concavità. Sconvolto dalla distruzione del proprio paese e profondamente colpito dalle esperienze personali come medico nell'esercito e dalla prigionia in un campo di internamento nel Texas dopo la Seconda Guerra Mondiale, Burri, come molti artisti europei, ha compreso la futilità della mimesi pittorica e dell'illusionismo, rendendosi conto che era necessario trovare un nuovo strumento pittorico. Utilizzando una serie di materiali alternativi - la juta, il ferro e il sacco - e dei processi artistici innovativi come la cucitura e la bruciatura, Burri concepì una visione dell'arte del tutto nuova, fondata semplicemente sulle proprietà fisiche della composizione stessa, realizzando opere che svelavano la propria materialità inerente. Questa bellezza pura e innovativa fu davvero radicale: liberata dalla rappresentazione, nasceva dalla distruzione, l'incarnazione di un'arte nuova e elementare.
'For a long time I have wanted to explore how fire consumes, to understand the nature of combustion, and how everything lives and dies in combustion to form a perfect unity'
(A. Burri quoted in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, exh. cat., New York 2015, p. 182)
A glowing red cellotex plane adorned with dramatically scorched and cindered pieces of burnt plastic, Alberto Burri's Rosso Plastica is an early work belonging to a series of progressive Combustioni plastiche or plastic combustions that the artist began around 1960. Executed in 1961, this work dates from a period of immense experimentation in Burri's career, as he continued with ceaseless invention to explore the powerful aesthetic possibilities of using industrial materials and subjecting them to the elemental power of fire. Taking plastic as his canvas and the blowtorch as his paintbrush Burri once more expanded and significantly redefined the boundaries of painting.
Having since his earliest days as an artist explored and exploited the physical properties of materials, Burri first turned to the elemental force of fire in 1955. These first Combustioni were made with paper before the artist moved on to burlap and wood, and in the late 1950s, plastic. Using a blowtorch, the artist set fire to the plastic, using the heat, flames and smoke to sculpt and manipulate the melting and malleable material. One of the first European avant-garde artists to consistently use fire in his art, Burri himself was actively involved in the artistic process, entering into a intimate dialogue with the material, blowing the flames in certain directions and pressing and pulling at the plastic itself to help create the highly distinctive and unique rippling, folded and blistered surface. 'Nothing is left to chance', Burri explained of his combustive process, 'What I do here is the most controlled and controllable type of painting You need to control the material and this is achieved by mastering the technique' (A. Burri quoted in E. Braun, Alberto Burri: The Trauma of Painting, exh. cat., New York 2015, p. 211).
From the throes of this fiery destruction Burri wrought a new form of raw beauty, creating works such as Rosso plastica that are characterised by fiercely dramatic and opulent surfaces composed of flowing rivulets, indentations and concavities. Shocked by the catastrophic destruction that had befallen his native Italy and deeply affected by both his experiences as a medic in the army and his internment in a prisoner of war camp in Texas, USA, following the Second World War, Burri, like many of his European counterparts, realised that pictorial mimesis and illusionism was futile and that a new mode of picture making needed to be found. Using a range of unorthodox materials - burlap, iron and sacking for example - and novel artistic processes such as sewing and burning, Burri forged an entirely new conception of art based solely on the physical properties of its composition, creating works that revealed and revelled in their own inherent materiality. This new and raw beauty was truly radical: expunged of representation, it was created from destruction, the embodiment of a new and elemental art.