Alighiero Boetti (1940-1994)
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's… 显示更多
Alighiero Boetti (1940-1994)

Mappa

细节
Alighiero Boetti (1940-1994)
Mappa
firma, iscrizione e data alighiero e boetti Kabul Afghanistan 1983 (sul bordo inferiore)
ricamo
cm 113x174
Eseguito nel 1983
Opera registrata presso l'Archivio Alighiero Boetti, Roma, n. 8039, come da autentica su fotografia in data 14 luglio 2015
来源
Galleria La Bertesca, Genova
ivi acquisito dall'attuale proprietario
注意事项
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent.
更多详情
'MAPPA' (MAP); SIGNED, INSCRIBED AND DATED ON THE TURNING EDGE; EMBROIDERY
拍场告示
Eseguito nel 1983-84.
Executed in 1983-84.

拍品专文

Destra/Right: Alighiero and Boeti find each other in the desert.
Sinistra/Left: ALighiero and Boeti were both present in Kabul.
(Iscrizione in farsi sull'opera Farsi inscription on the work)


Questo bellissimo arazzo del 1983, ricamato a mano proviene dalla serie più celebre di Alighiero Boetti - le mappe, alla quale l'artista si è dedicato per oltre due decenni. Basati sui dati cartografici più recenti all'epoca, gli arazzi con i loro dettagli accurati e i loro audaci colori raffigurano le terre del pianeta suddivise in varie nazioni, regni e unioni, e ogni singola opera fornisce una documentazione del panorama geopolitico nel momento specifico della sua realizzazione. Ogni nazione è riconoscibile dal disegno distintivo della sua bandiera, anche se visibile solo in parte all'interno dei ridotti confini del suo territorio, creando uno scontro scintillante di colori e simboli contro lo sfondo monocromatico degli oceani. Boetti era affascinato dai duplici concetti di Ordine e Disordine, perfettamente rappresentati in queste immagini del pianeta, in cui l'ordine intricato e dettagliato delle carte si disintegra in un groviglio disordinato di schermaglie di confine, confini riscritti e bandiere incomplete, rivelando lo stato generale di flusso nel quale il mondo esiste. Anzi, nel suo insieme, la serie delle mappe può essere considerata una drammatica dichiarazione critica dei giochi politici che si svolgono sul palcoscenico internazionale, mettendo in evidenza la natura arbitraria delle divisioni a tavolino della terra, mentre confini, paesi e bandiere cambiano e si alterano da un arazzo all'altro - in maniera a volte sottile, a volte drammatica - in risposta a cambiamenti di regime, periodi di conflitto, e mutevoli strutture del potere nel mondo.

Nell'opera qui presentata, la mappa è incorniciata da un bordo bianco e nero, all'interno del quale le linee continue del testo giustappongono la regolarità geometrica dell'alfabeto latino con la grafia morbida e fluida del Farsi. Tradotte, le frasi rivelano il luogo dove l'arazzo è stato ideato - Kabul, in Afghanistan - e alludono al forte legame dell'artista con il paese. Il messaggio che scorre lungo il lato destro, per esempio, dice 'Alighiero e Boetti si trovano nel deserto', mentre il lato sinistro dichiara '[A]lighiero e Boetti erano entrambi presenti a Kabul'. Durante gli anni Settanta, Boetti si è recato spesso in Afghanistan per controllare come veniva il ricamo, spesso modificando leggermente il disegno degli arazzi oppure fornendo istruzioni sulla scelta dei colori e sui particolari delle bandiere. Tuttavia, dopo l'invasione sovietica del 1979, raggiungere la regione è diventato sempre piè problematico, e questo ha costretto Boetti a riorganizzare in modo radicale il suo processo creativo. Di conseguenza, dall'inizio degli anni Ottanta in poi, i disegni furono riportati su stoffa in Italia in modo dettagliato e facilmente leggibile prima di essere inviati in oriente, così da facilitare il lavoro delle ricamatrici, che potevano seguire il disegno con una supervisione minima. La mappa qui presentata fa parte di un piccolo numero di esemplari che risalgono a quel periodo di transizione, in cui Boetti cominciava a riprendere i contatti con il paese, e a riavviare la produzione dei grandi arazzi di mappe lavorando a distanza dall'Italia.

Boetti si rallegrava delle idiosincrasie prodotte dal distacco geografico e dalla produzione artigianale, dei risultati inaspettati dettati dal caso, dall'errore e dalle peculiarità del lavoro non revisionato che cambiavano ogni disegno in maniera singolare e sottile. Per esempio, nell'opera qui presentata, il giallo acceso caratteristico della bandiera brasiliana è assente e questa sezione della mappa incompiuta. Inoltre, variazioni nella tonalità e nelle ombre sono evidenti nel filo rosso utilizzato su tutta la superficie della mappa, con i territori dell'Unione Sovietica, della Cina, del Canada e della Groenlandia che sembrano di tonalità molto più accese rispetto ad altre sezioni. In modo analogo, il blu variegato degli oceani sembra marcare il passaggio del tempo, con le sottili variazioni di colore che corrispondono alle tante bobine di filo di seta diverse utilizzate nelle varie fasi di creazione della mappa.

Infatti, il tempo costituisce un tema centrale nella serie delle mappe nel suo insieme. Mentre ogni singolo arazzo era il risultato delle circostanze di un momento particolare della storia, anzi, del momento preciso del concepimento, gli arazzi avevano un periodo di gestione più lungo, e ogni disegno intricato richiedeva fino a due anni per la realizzazione. Perciò, prima di essere finiti e rispediti all'artista, i dettagli delle mappe spesso erano già superati. In questa composizione, per esempio, Boetti ci fornisce un'istantanea del mondo nel 1983, introducendo nella sua immagine nazioni che non esistono più, confini che non sono pi rilevanti e bandiere che nel frattempo hanno cambiato in modo sostanziale colore, disegno e significato. Per esempio, l'ampia superficie dell'ex Unione Sovietica domina il lato destro dell'arazzo, coprendo vaste distese del continente di rosso vivace, mentre la bandiera iugoslava svolazza sulla penisola balcanica. Anche in Africa, vediamo differenze notevoli rispetto al panorama odierno, con l'emblema della torcia fiammeggiante sulla bandiera dello Zaire posizionata bene in vista al centro del paese ora noto come Repubblica Democratica del Congo, mentre verso Occidente, troviamo l'ultima rappresentazione dell'Alto Volta, poiché l'anno successivo il paese avrebbe avuto una bandiera completamente nuova, e sarebbe divenuto il Burkina Faso.

Questa storia di continua mutazione politica è potentemente evocata dalle due nazioni che, nella composizione, rimangono "senza bandiera", e che sono lasciate in bianco sulla mappa. Nell'angolo sud ovest dell'Africa, la Namibia è volutamente lasciata in bianco a testimonianza dello stato ambiguo del paese, all'epoca impegnato in una lotta violenta di indipendenza dal Sudafrica. Allo stesso modo, e forse ancor più significativo, in questa mappa, anche il territorio dentro i confini dell'Afghanistan è rimasto vuoto, uno dei pochi esempi di questo tipo nella serie delle mappe di Boetti. A differenza della bandiera mancante della Namibia, invece, che Boetti voleva fosse omessa come espressione del suo dissenso all'occupazione del paese da parte del Sudafrica, questa fu un'iniziativa presa dalle stesse ricamatrici dell'arazzo. Avendo ricevuto dall'artista il permesso di decidere sulla rappresentazione visiva della loro patria, le ricamatrici hanno scelto di lasciare la bandiera afghana in bianco, a testimonianza della loro incertezza sulla situazione politica del paese dopo l'invasione. Così, lo spazio vuoto mette in evidenza la situazione personale delle ricamatrici e diventa un simbolo degli effetti veri, tragici, e spesso fatali della guerra, della dominazione e delle macchinazioni politiche sulla gente comune di quelle regioni contestate. In questo modo, l'opera sfida l'autorità della mappa quale portatrice obiettiva e neutra di informazione, e sottolinea come queste carte rivelino così poco del disordine spesso violento delle storie umane sottostanti.

This beautiful, hand-embroidered tapestry from 1983 forms part of Alighiero Boetti's most famous series of artworks - the Mappe (Maps), which occupied the artist for over two decades of his career. Based on the most up to date cartographic records available, these highly detailed, boldly coloured tapestries show the Earth's landmasses fragmented into various countries, kingdoms and unions, with each unique artwork offering a documentary record of the geo-political landscape at the specific moment of its conception. Each country can be identified by their flag's distinct patterns, which, although often only partially visible within the strict borders of their territories, create a dazzling melee of colour and symbols, set against the monochrome ground of the oceans. The dual concepts of Ordine e disordine (Order and disorder) which so fascinated Boetti, are perfectly embodied in these images of the globe, as the intricate, highly detailed order of these charts dissolves into a disorderly tangle of border skirmishes, redefined territories and partial flags, revealing the general state of flux in which the world exists. Indeed, considered together, the Mappe series can be seen as a dramatic critical statement of the political power games played out on the world stage, highlighting the arbitrary nature of these man-made divisions of the earth, as borders, countries and flags change and alter between tapestries - sometimes subtly, sometimes dramatically - in response to changing regimes, periods of conflict, and shifting power structures around the world.

In the present work, the map is framed by a black and white border, in which continuous strings of text juxtapose the geometric regularity of the Latin alphabet with passages of flowing, calligraphic Farsi script. Translated, these messages reveal the location of the tapestry's creation - Kabul, Afghanistan - and hint at the artist's deep connection to the country. The message which flows along the right hand edge, for example, reads 'Alighiero and Boetti find each other in the desert,' while the left hand side states '[A]lighiero and Boetti were both present in Kabul.' Throughout the 1970s, Boetti had visited the country on a regular basis to inspect the embroidering as it progressed, often adjusting the designs of his tapestries slightly or providing instruction on colour choice and the detailing of the flags. However, following the Soviet invasion of 1979, access to the region became increasingly difficult, and Boetti was forced to dramatically re-structure his working process. As a result, from the early 1980s onwards the designs were drawn on to the cloth in Italy in a detailed and easily legible manner before being sent East, making it easier for the craftswomen to follow the pattern with as little direction as possible. This Mappa is one of a small number of works dating from this transitional period, as Boetti began to reconnect with his contacts in the region, and re-start production of the grand Mappe tapestries, working remotely from Italy.

Boetti revelled in the idiosyncrasies this geographical disconnect and the hand-crafted process produced, with the unexpected results proffered by chance, error and the peculiarities of the unsupervised embroiderers altering each design in unique, subtle ways. For example, in the present work, the signature vibrant yellow of the Brazilian flag is absent, leaving this portion of the Mappa incomplete. Variations in tone and shade, meanwhile, are visible in the red thread used across the map, with areas such as the Soviet Union, China, Canada and Greenland appearing in a much more vibrant hue than other sections. Similarly, the variegated blue of the oceans can be seen to visually chart the passage of time, with the subtle shifts of colour corresponding to the multiple bobbins of silk thread used at different stages in the map's creation.

Indeed, time is a central theme in the Mappe series as a whole. While each tapestry was shaped by the circumstances of a particular moment in history, indeed the exact moment of their conception, the tapestries had a much longer gestation period, with each of the intricate designs taking up to two years to complete. Thus, by the time they were finished and returned to the artist, the details of the maps were often significantly out of date. In this composition, for example, Boetti records a snapshot of the world in 1983, including in his depiction countries that no longer exist, borders that are no longer relevant and flags that have changed colour, design and meaning significantly in the interim years. For example, the expansive spread of the former Soviet Union dominates the right hand side of the tapestry, engulfing vast swathes of the continent in bright red, while the Yugoslavian flag still flies over the Balkan Peninsula. In Africa too, we see significant differences to today's landscape, with the flaming torch emblem of Zaire's flag prominently positioned in the centre of the country now known as the Democratic Republic of the Congo, while to the West, the final representation of the country Upper Volta is recorded, as the country would adopt an entirely new flag the following year, alongside its name-change to Burkina Faso.

This tale of political flux is most powerfully evoked by the two countries which remain 'flagless' in the composition, appearing as blank, white spaces within the map. In the South Western corner of Africa, Namibia is deliberately left unfilled in recognition of the country's ambiguous status at this time, as it remained embroiled in a brutal fight for independence from its South African neighbours. Equally, and perhaps most significantly, the borders of Afghanistan are also left unfilled, one of only a small number of Boetti's maps to do so. In contrast to the absence of Namibia's flag, however, which Boetti asked to be omitted as an expression of his disagreement with the South African occupation of the country, this choice was driven by the embroiderers of the tapestry themselves. Instructed by the artist to decide on the visual representation of their homeland, the embroiderers made the choice to leave the Afghan flag white, reflecting their uncertainty about the political situation of their home country in the wake of the invasion. In this way, the blank space highlights the personal situation of the embroiderers and becomes a poignant indicator of the very real, tragic and often fatal, effects war, domination and political machinations have on ordinary people living in these contested regions. In doing so, the artwork challenges the authority of the map as an objective and neutral bearer of information, and highlights the manner in which these charts reveal so little of the sometimes brutal disorder of the human tales that lie underneath.