Lucio Fontana (1899-1968)
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Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's… 显示更多 DA UNA IMPORTANTE COLLEZIONE PRIVATA MILANESE
Lucio Fontana (1899-1968)

Concetto spaziale

细节
Lucio Fontana (1899-1968)
Concetto spaziale
firmato l. fontana (in basso a destra); firma e titolo l. fontana "Concetto spaziale" (sul retro)
olio e matita su tela
cm 73,5x60,5
Eseguito nel 1966
来源
Donato direttamente dall’artista all’attuale proprietario nel 1966
出版
E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue raisonné des peintures, sculptures et environnements spatiaux rédigé par Enrico Crispolti, Bruxelles 1974, vol. II, p. 146-147, n. 66 B 11 (illustrato, con misure errate)
E. Crispolti, Fontana. Catalogo generale, Milano 1986, vol. II, p. 504, n. 66 B 11 (illustrato, con misure errate)
E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol. II, p. 692-693, n. 66 B 11 (illustrato)
注意事项
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent.
更多详情
PROPERTY FROM AN IMPORTANT PRIVATE COLLECTION, MILAN

'CONCETTO SPAZIALE' (SPATIAL CONCEPT); SIGNED LOWER RIGHT; SIGNED AND TITLED ON THE REVERSE; OIL AND PENCIL ON CANVAS

L'opera non richiede Attestato di Libera Circolazione al fine della sua esportazione.
This work does not require an export license.

拍品专文

"Se alcune delle mie scoperte sono importanti, i "buchi" lo sono certamente. Attraverso il "buco" ho intenzione di andare oltre i limiti di una cornice pittorica per essere libero di mettere in atto la mia concezione di arte. Una formula come 1+1=2. Non foro la tela per distruggere il dipinto. Al contrario, io creo buchi per trovare qualcosa d'altro...".

"If any of my discoveries are important, the ‘hole’ is. By ‘hole’ I meant going outside the limitations of a picture frame and being free in one’s conception of art. A formula like 1+1=2. I did not make holes in order to wreck the picture. On the contrary, I made holes in order to find something else…"
LUCIO FONTANA


Le marcate punteggiature che lacerano la superficie scintillante e iridescente del Concetto Spaziale, realizzato da Lucio Fontana nel 1966, dimostrano il continuo fascino subito dall'artista nei confronti di uno dei gesti più iconici che ispirano la sua produzione artistica: i buchi. Egli perfora la tela con cura, e in modo ritmico, attraverso la reiterazione di un motivo geometrico: piccoli e precisi buchi rivelano uno sguardo seducente nei confronti dello spazio enigmatico dietro la tela, e consentono allo spettatore di aprire gli occhi verso una dimensione nuova e sconosciuta, un vuoto infinito e senza tempo, i cui misteri sono lì ad aspettarci.
Fontana iniziò nel 1949 a bucare la superficie pittorica, creando con il punteruolo una serie di fori all'interno di fogli di cartone bianco. Nell'eseguire quest'azione iconoclasta, mise in atto la sua ricerca di "un'arte spaziale", creando opere che trascendono i confini convenzionali della pittura e della scultura per esistere in una nuova realtà spaziale.
"Quando colpisco la tela", spiegava Fontana, "ho la percezione di aver compiuto un gesto significativo. Non si tratta infatti di un foro realizzato incidentalmente bensì in modo cosciente. Facendo un buco nell'immagine, trovo una nuova dimensione nello spazio vuoto. Realizzando fori ho inventato la quarta dimensione" (Fontana, citato in P. Gottschaller, Lucio Fontana: The Artist’s Materials, Los Angeles, 2012, p. 21).
Dalla carta trasferì rapidamente la sua azione sulla tela, prima di perforarla ne dipingeva la superficie con pittura ad olio e, successivamente, ne sperimentava la dimensione, la forma e la posizione dei fori: in questo modo attivava lo spazio sia davanti sia dietro la composizione, e infondeva all'opera un maggiore senso di tridimensionalità.
Se i primi lavori con i buchi di Fontana si caratterizzavano per la presenza di fori eseguiti in modo arbitrario, tanto da apparire come formazioni spontanee sulla tela, costellazioni di stelle che fluttuano in una galassia lontana, nella serie sviluppata negli anni '60 la configurazione dei buchi si fece sempre più geometrica e ordinata. Non è infatti un caso che in Concetto spaziale i fori siano accuratamente incisi con un'elegante precisione e disposti in file orizzontali e semicircolari a loro volta contenute all'interno di una forma ovale. Tale forma ovoidale è stata accentuata con l'aggiunta di una linea di matita dolcemente ondulata tratteggiata a mano, che circonda e imbriglia i buchi, riunendoli in questa formazione, e trattenendoli con un senso di gravità ultraterreno. È un motivo ricorrente nell'opera di Fontana, la forma simbolica dell'ovale o dell'uovo affascinava l'artista con la miriade di connotazioni che conteneva - biologiche, spirituali e primordiali - che gli offrivano un'ispirazione senza limite tanto da diventare la base di una delle sue più celebri serie di opere: La Fine di Dio.

Questo lavoro scintillante fu realizzato nel 1966 come regalo di compleanno per l'attuale proprietario dell'opera, quest'ultima da allora ha sempre fatto parte della medesima collezione. Utilizzando una vernice argentea lucida, Fontana infonde a questo lavoro un celeste fulgore che richiama gli Olii iridescenti e il ciclo dei Metalli che creò all'inizio degli anni '60 sulla scia dei suoi viaggi a Venezia e a New York.
Incantato dall'unicità del gioco di luci e superfici riflettenti scintillanti che incontrò in queste città iconiche - dalla gloria barocca di San Marco, allo splendore futuristico dei grattacieli di Manhattan - Fontana sentiva di avere finalmente percepito il funzionamento imperfetto dell'universo sulla terra. Coniugando la magnificenza dorata della Venezia barocca con lo scintillio utopistico del paesaggio urbano contemporaneo, la monocromia argentea della tela diventa un'espressione microcosmica dell'universo in generale. Nel contempo i buchi contrastano con quanto di iridescente li circonda; la luce gioca dentro e intorno ai bordi ruvidi delle loro piccole cavità, viene assorbita e deviata ad ogni angolo, dove crea ombre dinamiche che sembrano muoversi e cambiare a seconda delle diverse condizioni di illuminazione. Eseguiti su entrambi i lati della tela, i fori conferiscono alla composizione una struttura complessa, con gli angoli dei buchi che, in modo alternato, sporgono verso l'esterno e, quindi, verso lo spettatore, oppure sprofondano nella superficie. Evocando poeticamente un senso di infinito e cosmico, Concetto spaziale sfida la nostra idea di opera d'arte, invitandoci a considerare e a immaginare cosa giace dietro i limiti della nostra percezione.


The sharp punctuations that rupture the shimmering, iridescent surface of Lucio Fontana’s Concetto spaziale of 1966, demonstrate the artist’s continued fascination with one of the most iconic gestures that informed his art – the buchi. Perforating the canvas in a rhythmic, carefully executed geometric pattern, these small, precisely carved holes reveal a tantalising glimpse into the enigmatic space beyond the canvas, opening the viewer’s eyes to a new, unknown dimension beyond, an infinite, limitless void whose mysteries await us. Fontana first experimented with piercing the pictorial surface in 1949, puncturing a series of holes through pieces of thick white paper using a pointed tool. In executing this iconoclastic act, Fontana realised his quest for a ‘spatial art,’ creating works of art that transcended the conventional boundaries of painting and sculpture and existed in a new spatial realm. ‘When I hit the canvas,’ Fontana explained, ‘I sensed that I had made an important gesture. It was, in fact, not an incidental hole it was a conscious hole: by making a hole in the picture I found a new dimension in the void. By making holes in the picture I invented the fourth dimension’ (Fontana, quoted in P. Gottschaller, Lucio Fontana: The Artist’s Materials, Los Angeles, 2012, p. 21). From paper, he moved swiftly to canvas, painting the surface with oil paint before piercing through and experimenting with the size, shape and placement of the holes, activating the space both in front of and behind the composition, infusing it with an enhanced sense of three-dimensionality.
While Fontana’s early buchi compositions had holes punctured in arbitrary, seemingly spontaneous formations across the canvas, appearing like constellations of stars floating in a far-off galaxy, as the series developed through the 1960s the configuration of the holes became increasingly geometric and ordered. Indeed, in Concetto spaziale, the holes are carefully scored with an elegant precision and arranged in horizontal and semi-circular rows that are subsequently contained within an oval form. This ovoid shape was accentuated by the inclusion of a gently undulating hand-drawn pencil line, which surrounds and harnesses the buchi, corralling them into this formation, holding them in place with an otherworldly sense of gravity. A recurring motif within Fontana’s oeuvre, the symbolic shape of the oval or egg fascinated the artist, the myriad of connotations it held – biological, spiritual and primeval – offering him endless inspiration and becoming the basis of one of his most celebrated series of artworks, La Fine di Dio.
This shimmering work was a birthday gift to the present owner in 1966, and has always been in the same collection until now. Using a lustrous silver paint, Fontana imbues the present work with a celestial radiance that harks back to the iridescent oil (olii) and metal (metalli) paintings the artist had created in the wake of his visits to Venice and New York at the beginning of the 1960s. Enraptured by the unique play of light and glimmering reflective surfaces he encountered in these iconic cities – from the Baroque glory of St. Mark’s, to the futuristic splendour of the Manhattan skyscrapers – Fontana felt he had finally glimpsed the imperceptive workings of the universe on earth. Marrying a sense of the gilded magnificence of Baroque Venice with the utopian sheen of the contemporary urban landscape, the silver, monochrome canvas becomes a microcosmic expression of the universe at large. The buchi meanwhile, operate in counterpoint to their iridescent surroundings, inviting the light to play in and around the rough edges of their small cavities, swallowing and deflecting the light at every turn, creating dynamic shadows that seem to shift and change under different lighting conditions. Executed from both sides of the canvas, the holes lend the composition a rich sense of texture, with the edges of the buchi alternatively protruding outwards towards the viewer and sinking back into its surface. Poetically conjuring a sense of the infinite and the cosmic, Concetto spaziale stretches and challenges our understanding of what an artwork can be, inviting us to consider and imagine what lies beyond the limits of our perception.

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