拍品專文
'Venticinque è il quadrato del numero sacro cinque ed è quindi anche il centro dei quadrati magici. È composto della somma dei numeri 1+3+5+7+9 e di conseguenza contiene tutti i numeri sacri che possono essere usati nella magia'.
ALIGHIERO BOETTI
In questo meraviglioso arazzo policromo Alighiero Boetti presenta un incantevole rebus visivo. Come in generale negli arazzi, vi s'intrecciano elementi di filosofia, matematica e simbolismo della cultura orientale ed occidentale. Invitando lo spettatore al gioco crittografico, Alternandosi e dividendosi... nella primavera dell'anno mille novecento ottantanove (1988-89) incarna l'interesse di Boetti per il delicato equilibrio di ordine e disordine, così come il fascino che la tradizione mistica del Sufismo esercitava su di lui. L'opera è costituita da una griglia di venticinque per venticinque quadrati. Alternando l'alfabeto latino e quello farsi, ogni quadrato contiene una lettera di colore contrastante. In questo labirinto semiotico, l'enunciazione di Boetti appare leggendo le linee verticali; i caratteri farsi inframezzati, letti da destra a sinistra rivelano una poesia del celebre poeta sufi Berang Ramazan. La forma lirica e calligrafica del farsi di Berang agisce come contrappunto visivo rispetto al duro profilo dell'alfabeto latino verticale; i testi di Boetti e di Berang agiscono armoniosamente all'interno di un quadrilatero perfetto, la cui forma evoca il quadrato numerico magico, importante talismano nel misticismo sufi. Boetti passò molto tempo in conversazione con maestri sufi come Berang, per cui l'artista nutriva grande stima e con cui collaborò alle serie Poesie con Sufi Berang un gruppo di cinquantuno arazzi creati per la famosa mostra del 1989 ‘Les Magiciens de la Terre’ al Centre Pompidou, Parigi.
Sul retro dell'opera sono indicati i particolari della sua creazione a Peshawar, Pakistan, ‘Alighiero e Boetti e Sufi Berang nella primavera dell'anno mille-novecento-ottantanove.’ L'arazzo fu tessuto da artigiane afghane, fuggite in Pakistan a seguito del conflitto e conseguente occupazione sovietica della loro terra: Boetti non incontrò mai le donne responsabili della realizzazione dei suoi progetti, poiché vivevano in universi femminili separati, protette dalla tradizione e dai costumi culturali: la scelta del colore di ogni quadrato dell'arazzo, comunque, era lasciata nelle loro mani. Lasciando alle ricamatrici il controllo su quella parte del suo lavoro, Boetti assegna alle tessitrici tradizionalmente invisibili una presenza all'interno della composizione, e un grado di autonomia artistica nel lavoro. Il risultato è un patchwork magico di colore, alfabeto e poesia e una vera collaborazione tra Boetti e la gente dell'Afghanistan; miriadi di sfumature e di significati si sovrappongono nel magnifico spettacolo dei 'colori del mondo'.
‘Twenty-five is the square of the holy number five and is therefore also the centre of the magical squares. It consists of the sum of the numbers 1+3+5+7+9 and therefore contains all the holy numbers which can be used in magic’
ALIGHIERO BOETTI
In this beautiful polychromatic arazzo (tapestry), Alighiero Boetti presents a mesmerising visual riddle. As is typical of the arazzi, elements of the philosophies, mathematics and symbolisms of Eastern and Western cultures are intricately interwoven. Inviting the viewer into a cryptographic game, Alternandosi e dividendosi... nella primavera dell'anno mille novecento ottantanove (1988-89) embodies Boetti’s preoccupation with the delicate balance of ordine e disordine (order and disorder), as well as his fascination with the mystic tradition of Sufism. The work comprises a multicoloured grid of twenty-five by twenty-five squares. Alternating between the Latin and Farsi alphabets, each of these squares contains a contrastingly coloured letter. In this semiotic maze, phrasing by Boetti becomes apparent when the lines are read vertically; the interspersed Farsi characters, read from right to left, reveal a poem by the revered Sufi poet Berang Ramazan. The lyrical and calligraphic form of Berang’s Farsi acts as a visual counterpoint to the hard edges of the vertical Latin alphabet; Boetti’s and Berang’s texts operate in harmony within a perfect quadrilateral, whose form evokes the numerical magic square, an important talisman in Sufi mysticism. Boetti spent a great deal of time conversing with Sufi scholars such as Berang, whom the artist held in high esteem, and with whom he also collaborated for the series Poesie con Sufi Berang (‘Poems with the Sufi Berang’), a group of fifty-one tapestries created for the famous 1989 exhibition ‘Les Magiciens de la Terre’ at the Centre Pompidou, Paris.
The work situates its creation in Peshawar, Pakistan, by ‘Alighiero e Boetti and the Sufi Berang in the spring of the year nineteen-hundred and eighty-nine.’ The tapestry itself was in fact woven by Afghan craftswomen, who had fled to Pakistan following the conflict and subsequent Soviet occupation of their homeland. Boetti never met the women responsible for the creation of his designs, as they lived in an extremely private feminine universe, protected by tradition and cultural mores: the choice of colour for each square in the arazzo, however, was left in their hands. By relinquishing control of this aspect of his work to the embroiderers, Boetti grants these traditionally invisible weavers a presence within the composition, and a level of artistic autonomy within the work. The result is a magical patchwork of colour, alphabet, system and poetry, and a true collaboration between Boetti and the people of Afghanistan; myriad shades and meanings overlap in a magnificent display of the ‘colours of the world’.
ALIGHIERO BOETTI
In questo meraviglioso arazzo policromo Alighiero Boetti presenta un incantevole rebus visivo. Come in generale negli arazzi, vi s'intrecciano elementi di filosofia, matematica e simbolismo della cultura orientale ed occidentale. Invitando lo spettatore al gioco crittografico, Alternandosi e dividendosi... nella primavera dell'anno mille novecento ottantanove (1988-89) incarna l'interesse di Boetti per il delicato equilibrio di ordine e disordine, così come il fascino che la tradizione mistica del Sufismo esercitava su di lui. L'opera è costituita da una griglia di venticinque per venticinque quadrati. Alternando l'alfabeto latino e quello farsi, ogni quadrato contiene una lettera di colore contrastante. In questo labirinto semiotico, l'enunciazione di Boetti appare leggendo le linee verticali; i caratteri farsi inframezzati, letti da destra a sinistra rivelano una poesia del celebre poeta sufi Berang Ramazan. La forma lirica e calligrafica del farsi di Berang agisce come contrappunto visivo rispetto al duro profilo dell'alfabeto latino verticale; i testi di Boetti e di Berang agiscono armoniosamente all'interno di un quadrilatero perfetto, la cui forma evoca il quadrato numerico magico, importante talismano nel misticismo sufi. Boetti passò molto tempo in conversazione con maestri sufi come Berang, per cui l'artista nutriva grande stima e con cui collaborò alle serie Poesie con Sufi Berang un gruppo di cinquantuno arazzi creati per la famosa mostra del 1989 ‘Les Magiciens de la Terre’ al Centre Pompidou, Parigi.
Sul retro dell'opera sono indicati i particolari della sua creazione a Peshawar, Pakistan, ‘Alighiero e Boetti e Sufi Berang nella primavera dell'anno mille-novecento-ottantanove.’ L'arazzo fu tessuto da artigiane afghane, fuggite in Pakistan a seguito del conflitto e conseguente occupazione sovietica della loro terra: Boetti non incontrò mai le donne responsabili della realizzazione dei suoi progetti, poiché vivevano in universi femminili separati, protette dalla tradizione e dai costumi culturali: la scelta del colore di ogni quadrato dell'arazzo, comunque, era lasciata nelle loro mani. Lasciando alle ricamatrici il controllo su quella parte del suo lavoro, Boetti assegna alle tessitrici tradizionalmente invisibili una presenza all'interno della composizione, e un grado di autonomia artistica nel lavoro. Il risultato è un patchwork magico di colore, alfabeto e poesia e una vera collaborazione tra Boetti e la gente dell'Afghanistan; miriadi di sfumature e di significati si sovrappongono nel magnifico spettacolo dei 'colori del mondo'.
‘Twenty-five is the square of the holy number five and is therefore also the centre of the magical squares. It consists of the sum of the numbers 1+3+5+7+9 and therefore contains all the holy numbers which can be used in magic’
ALIGHIERO BOETTI
In this beautiful polychromatic arazzo (tapestry), Alighiero Boetti presents a mesmerising visual riddle. As is typical of the arazzi, elements of the philosophies, mathematics and symbolisms of Eastern and Western cultures are intricately interwoven. Inviting the viewer into a cryptographic game, Alternandosi e dividendosi... nella primavera dell'anno mille novecento ottantanove (1988-89) embodies Boetti’s preoccupation with the delicate balance of ordine e disordine (order and disorder), as well as his fascination with the mystic tradition of Sufism. The work comprises a multicoloured grid of twenty-five by twenty-five squares. Alternating between the Latin and Farsi alphabets, each of these squares contains a contrastingly coloured letter. In this semiotic maze, phrasing by Boetti becomes apparent when the lines are read vertically; the interspersed Farsi characters, read from right to left, reveal a poem by the revered Sufi poet Berang Ramazan. The lyrical and calligraphic form of Berang’s Farsi acts as a visual counterpoint to the hard edges of the vertical Latin alphabet; Boetti’s and Berang’s texts operate in harmony within a perfect quadrilateral, whose form evokes the numerical magic square, an important talisman in Sufi mysticism. Boetti spent a great deal of time conversing with Sufi scholars such as Berang, whom the artist held in high esteem, and with whom he also collaborated for the series Poesie con Sufi Berang (‘Poems with the Sufi Berang’), a group of fifty-one tapestries created for the famous 1989 exhibition ‘Les Magiciens de la Terre’ at the Centre Pompidou, Paris.
The work situates its creation in Peshawar, Pakistan, by ‘Alighiero e Boetti and the Sufi Berang in the spring of the year nineteen-hundred and eighty-nine.’ The tapestry itself was in fact woven by Afghan craftswomen, who had fled to Pakistan following the conflict and subsequent Soviet occupation of their homeland. Boetti never met the women responsible for the creation of his designs, as they lived in an extremely private feminine universe, protected by tradition and cultural mores: the choice of colour for each square in the arazzo, however, was left in their hands. By relinquishing control of this aspect of his work to the embroiderers, Boetti grants these traditionally invisible weavers a presence within the composition, and a level of artistic autonomy within the work. The result is a magical patchwork of colour, alphabet, system and poetry, and a true collaboration between Boetti and the people of Afghanistan; myriad shades and meanings overlap in a magnificent display of the ‘colours of the world’.