Lot Essay
"Sai perché le date sono importanti? Semplicemente perché se scrivi su un muro «1970», per esempio, questo non ha particolare rilevanza, nessuna importanza, ma dopo trent’anni… Man mano che i giorni passano, questa data diventa sempre più bella"
"Do you know why dates are important? Because … if you write «1970» for example on a wall, it looks like nothing much, nothing at all, but in thirty years’ time … With every day that goes by, this date becomes more beautiful"
ALIGHIERO BOETTI
Con l’emergere di sistemi visivi, linguistici e numerici all’interno di un gioco scintillante di colori e motivi, Senza titolo (Uno nove sette otto) risulta un esempio degno di nota dei celebri Arazzi di Alighiero Boetti. Queste opere, composte da singole lettere ricamate e posizionate su sfondi in contrasto, racchiudono la nozione di caos ordinato alla base di tutta la produzione dell’artista. Codificabile solo da coloro che ne hanno compreso la formula, la disposizione apparentemente casuale delle lettere è in realtà regolata da una premessa fortemente logica. Infatti, se leggiamo l’opera seguendo le file verticali, dall'alto verso il basso della tela, emerge la data della sua creazione – 1978 – declinata in otto diverse configurazioni: "uno nove sette otto", "diciannove sette otto", "uno novanta sette otto", "uno nove settanta otto", "cento novanta sette otto", "diciannove settanta otto", "uno novecento settanta otto" e "millenovecentosettantotto". Nel mostrare il linguaggio come un sistema di forme fortemente artificiale, la missione di Boetti era anzitutto poetica. Grazie al vivace ritmo che alterna armonia e discordia, l’opera mette in luce quanto siano mutevoli i sistemi apparentemente concreti che siamo soliti utilizzare per connotare il nostro tempo sulla terra.
A partire dai primi anni '70 i giochi di parole realizzati su tessuto da Boetti si sono sviluppati in concomitanza con le sue Mappe: anch’esse utilizzavano il ricamo per catturare il flusso dei meccanismi che regolano la comunicazione umana. Lavorando insieme a ricamatori tradizionali afgani – inizialmente a Kabul, poi a Peshawar, in Pakistan – l’artista ha fatto sì che nuove influenze confluissero nel suo approccio. Come egli stesso spiegava, “il diverso colore di ogni forma è stato scelto dalle donne. Per eludere la possibilità di creare una gerarchia tra di essi, li ho utilizzati tutti. In realtà la mia preoccupazione è quella di evitare scelte che seguano i miei gusti o di inventare sistemi che porteranno avanti scelte per mio conto" (A. Boetti, citato in A. Zevi, "Alighiero e Boetti: Scrivere, Ricamare, Disegnare", Corriere della Sera, 19 gennaio 1992, s.p.). Con questo suo atteggiamento, Boetti ha cercato di dar vita a una vera collaborazione tra le culture, destabilizzando il proprio operato e facendo sì che l'influenza esterna potesse avere un proprio ruolo nella creazione delle sue opere d'arte.
Credeva infatti che fosse compito dell’artista scoprire come collegare concetti apparentemente disparati tra i quali il binomio “ordine e disordine” giocava certamente un ruolo di primo piano. Anche i concetti di oriente e occidente furono condotti a un nuovo equilibrio negli Arazzi. Così come le date, questi lavori includono anche diversi proverbi, poemi ed enigmi matematici, sia in farsi che in italiano. Al contempo evidenti ma infusi di mistero, sono inni alle contraddizioni vitali che connotano la nostra esistenza. Come l’artista stesso ha spiegato, “La più grande gioia sulla terra consiste nell'inventare il mondo come esso è senza inventare niente” (A. Boetti, citato in Alighiero Boetti, catalogo della mostra, Museum für Moderne Kunst, Frankfurt am Main, 1998, p. 297).
Merging visual, linguistic and numeric systems into a scintillating play of colour and pattern, Senza titolo (Uno nove sette otto) is an arresting large-scale example of Alighiero Boetti’s celebrated Arrazi. Consisting of individual embroidered letters imposed upon contrasting backgrounds, these works encapsulate the notion of ordered chaos that underpins his entire practice. Legible only to those who have decoded the artist’s formula, the seemingly random arrangement of letters is in fact regulated by a highly logical premise. Indeed, when read in sequential vertical rows, from the top to the bottom of the canvas, the present work spells out the date of its creation – 1978 – in eight different configurations: ‘one nine seven eight’, ‘nineteen seven eight’, ‘one ninety seven eight’, ‘one nine seventy eight’, ‘one hundred ninety seven eight’, ‘nineteen seventy eight’, ‘one nine hundred seventy eight’ and ‘one thousand nine hundred seventy eight’. Though exposing language as a fundamentally artificial arrangement of forms, Boetti’s mission was ultimately a poetic one. With its quivering rhythm of harmony and discord, the present work demonstrates just how mutable are the seemingly concrete systems we use to delineate our time on earth.
Beginning in the early 1970s, Boetti’s textile word games operated in conjunction with his Mappe, which also used embroidery to capture the flux of human communication mechanisms. Working in conjunction with traditional Afghani embroiderers – first in Kabul, and subsequently in Peshawar, Pakistan – he allowed new layers of chance to infiltrate his approach. As the artist explained, ‘the different colour of each shape was chosen by the women. In order to avoid establishing any hierarchy among them, I used them all. Actually, my concern is to avoid making choices according to my taste or to invent systems that they will choose on my behalf’ (A. Boetti, quoted in A. Zevi, ‘Alighiero e Boetti: Scrivere, Ricamare, Disengare’, Corriere della Sera, 19 January 1992, n. p.). In doing so, Boetti sought a true collaboration between cultures, destabilising his own agency and inviting external influence to play a role in the creation of his artworks.
Boetti believed that it was the artist’s job to discover ways of uniting seemingly disparate concepts – most presciently for him, ‘ordine e disordine’ (‘order and disorder’). East and West, too, were brought into new alignment through the Arrazi. As well as dates, these works also included various proverbs, poems and mathematical conundrums, often laced with Farsi as well as Italian. Simultaneously self-evident yet infused with mystery, they are hymns to the vital contradictions that define our existence. As the artist explained, ‘The greatest joy on earth consists in inventing the world the way it is without inventing anything in the process’ (A. Boetti, quoted in Alighiero Boetti, exh. cat., Museum für Moderne Kunst, Frankfurt Am Main, 1998 p. 297).
"Do you know why dates are important? Because … if you write «1970» for example on a wall, it looks like nothing much, nothing at all, but in thirty years’ time … With every day that goes by, this date becomes more beautiful"
ALIGHIERO BOETTI
Con l’emergere di sistemi visivi, linguistici e numerici all’interno di un gioco scintillante di colori e motivi, Senza titolo (Uno nove sette otto) risulta un esempio degno di nota dei celebri Arazzi di Alighiero Boetti. Queste opere, composte da singole lettere ricamate e posizionate su sfondi in contrasto, racchiudono la nozione di caos ordinato alla base di tutta la produzione dell’artista. Codificabile solo da coloro che ne hanno compreso la formula, la disposizione apparentemente casuale delle lettere è in realtà regolata da una premessa fortemente logica. Infatti, se leggiamo l’opera seguendo le file verticali, dall'alto verso il basso della tela, emerge la data della sua creazione – 1978 – declinata in otto diverse configurazioni: "uno nove sette otto", "diciannove sette otto", "uno novanta sette otto", "uno nove settanta otto", "cento novanta sette otto", "diciannove settanta otto", "uno novecento settanta otto" e "millenovecentosettantotto". Nel mostrare il linguaggio come un sistema di forme fortemente artificiale, la missione di Boetti era anzitutto poetica. Grazie al vivace ritmo che alterna armonia e discordia, l’opera mette in luce quanto siano mutevoli i sistemi apparentemente concreti che siamo soliti utilizzare per connotare il nostro tempo sulla terra.
A partire dai primi anni '70 i giochi di parole realizzati su tessuto da Boetti si sono sviluppati in concomitanza con le sue Mappe: anch’esse utilizzavano il ricamo per catturare il flusso dei meccanismi che regolano la comunicazione umana. Lavorando insieme a ricamatori tradizionali afgani – inizialmente a Kabul, poi a Peshawar, in Pakistan – l’artista ha fatto sì che nuove influenze confluissero nel suo approccio. Come egli stesso spiegava, “il diverso colore di ogni forma è stato scelto dalle donne. Per eludere la possibilità di creare una gerarchia tra di essi, li ho utilizzati tutti. In realtà la mia preoccupazione è quella di evitare scelte che seguano i miei gusti o di inventare sistemi che porteranno avanti scelte per mio conto" (A. Boetti, citato in A. Zevi, "Alighiero e Boetti: Scrivere, Ricamare, Disegnare", Corriere della Sera, 19 gennaio 1992, s.p.). Con questo suo atteggiamento, Boetti ha cercato di dar vita a una vera collaborazione tra le culture, destabilizzando il proprio operato e facendo sì che l'influenza esterna potesse avere un proprio ruolo nella creazione delle sue opere d'arte.
Credeva infatti che fosse compito dell’artista scoprire come collegare concetti apparentemente disparati tra i quali il binomio “ordine e disordine” giocava certamente un ruolo di primo piano. Anche i concetti di oriente e occidente furono condotti a un nuovo equilibrio negli Arazzi. Così come le date, questi lavori includono anche diversi proverbi, poemi ed enigmi matematici, sia in farsi che in italiano. Al contempo evidenti ma infusi di mistero, sono inni alle contraddizioni vitali che connotano la nostra esistenza. Come l’artista stesso ha spiegato, “La più grande gioia sulla terra consiste nell'inventare il mondo come esso è senza inventare niente” (A. Boetti, citato in Alighiero Boetti, catalogo della mostra, Museum für Moderne Kunst, Frankfurt am Main, 1998, p. 297).
Merging visual, linguistic and numeric systems into a scintillating play of colour and pattern, Senza titolo (Uno nove sette otto) is an arresting large-scale example of Alighiero Boetti’s celebrated Arrazi. Consisting of individual embroidered letters imposed upon contrasting backgrounds, these works encapsulate the notion of ordered chaos that underpins his entire practice. Legible only to those who have decoded the artist’s formula, the seemingly random arrangement of letters is in fact regulated by a highly logical premise. Indeed, when read in sequential vertical rows, from the top to the bottom of the canvas, the present work spells out the date of its creation – 1978 – in eight different configurations: ‘one nine seven eight’, ‘nineteen seven eight’, ‘one ninety seven eight’, ‘one nine seventy eight’, ‘one hundred ninety seven eight’, ‘nineteen seventy eight’, ‘one nine hundred seventy eight’ and ‘one thousand nine hundred seventy eight’. Though exposing language as a fundamentally artificial arrangement of forms, Boetti’s mission was ultimately a poetic one. With its quivering rhythm of harmony and discord, the present work demonstrates just how mutable are the seemingly concrete systems we use to delineate our time on earth.
Beginning in the early 1970s, Boetti’s textile word games operated in conjunction with his Mappe, which also used embroidery to capture the flux of human communication mechanisms. Working in conjunction with traditional Afghani embroiderers – first in Kabul, and subsequently in Peshawar, Pakistan – he allowed new layers of chance to infiltrate his approach. As the artist explained, ‘the different colour of each shape was chosen by the women. In order to avoid establishing any hierarchy among them, I used them all. Actually, my concern is to avoid making choices according to my taste or to invent systems that they will choose on my behalf’ (A. Boetti, quoted in A. Zevi, ‘Alighiero e Boetti: Scrivere, Ricamare, Disengare’, Corriere della Sera, 19 January 1992, n. p.). In doing so, Boetti sought a true collaboration between cultures, destabilising his own agency and inviting external influence to play a role in the creation of his artworks.
Boetti believed that it was the artist’s job to discover ways of uniting seemingly disparate concepts – most presciently for him, ‘ordine e disordine’ (‘order and disorder’). East and West, too, were brought into new alignment through the Arrazi. As well as dates, these works also included various proverbs, poems and mathematical conundrums, often laced with Farsi as well as Italian. Simultaneously self-evident yet infused with mystery, they are hymns to the vital contradictions that define our existence. As the artist explained, ‘The greatest joy on earth consists in inventing the world the way it is without inventing anything in the process’ (A. Boetti, quoted in Alighiero Boetti, exh. cat., Museum für Moderne Kunst, Frankfurt Am Main, 1998 p. 297).