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Boetti in quest'opera si confronta con un problema matematico che riesce a trasformare in ordine compositivo. Attraverso una veloce analisi dell'opera possiamo cogliere l'occasione di addentrarci nel processo ideativo dell'artista.
In questo ricamo coloratissimo appare una ricca antologia di alcune tra le più belle frasi 'quadrate' di Boetti, da IMMAGINANDO TUTTO a NON PARTO NON RESTO, da IL DOLCE FAR NIENTE a AVERE FAME DI VENTO. Oltre a queste ne troviamo alcune che sono relative all'opera stessa, da LEGGERE VERTICALE a PESHAWAR PAKISTAN.
Come si sa, i quadrati di parole devono essere composti da nove lettere (disposte tre per lato come in ALI GHI ERO), oppure da sedici (quattro su ogni lato, come nella maggior parte delle frasi di quest'opera, ad esempio ORDI NEED ISOR DINE), da venticinque, trentasei e così via, in ogni caso da numeri quadrati.
Le frasi colorate di quest'opera sono contenute in quadrati di quattro lettere per lato. L'artista aveva previsto anche l'inserimento di un'ampia area centrale in bianco e nero; la soluzione più semplice sarebbe stata quella di un quadrato con un lato di lunghezza doppia (quindi di otto lettere per otto). Boetti sceglie invece una struttura molto più complessa: inserisce una linea di caratteri arabi a metà di ognuno dei lati maggiori. Questo gli permette di ottenere una variazione importante: il quadrato centrale ha nove lettere per lato (e nove, cioè tre per tre, è ancora una volta un numero quadrato). Inoltre, il numero totale delle lettere sui lati maggiori diventa venticinque. E anche venticinque è un numero quadrato.
La perfezione matematica di quest'opera, giocata intorno ai quadrati di tre, quattro e cinque che si intersecano e si moltiplicano ricorda le strutture compositive geometriche e i rapporti aurei di alcuni grandi artisti della tradizione italiana come Piero della Francesca, Paolo Uccello, Gino Severini, apparentemente tanto lontani da Boetti. Come in tutti questi artisti, anche in Boetti la costruzione matematica viene riscattata dall'uso vivacissimo del colore.
Le fonti di Boetti non sono però solo italiane. L'artista si affida per l'esecuzione dei suoi ricami all'antica sensibilità cromatica di popolazioni che hanno ereditato una tradizione tessile millenaria. A questi popoli, che hanno trovato la forma più alta di espressione artistica nella realizzazione di tappeti, rende omaggio nel primo quadrato, quello che dichiara come un etichetta 'Made in' l'origine pakistana dell'opera.
Come in tutti i risultati più alti di Boetti, antico e moderno, rigore e fantasia convivono in un ordine perennemente instabile ma visivamente efficacissimo.
In questo ricamo coloratissimo appare una ricca antologia di alcune tra le più belle frasi 'quadrate' di Boetti, da IMMAGINANDO TUTTO a NON PARTO NON RESTO, da IL DOLCE FAR NIENTE a AVERE FAME DI VENTO. Oltre a queste ne troviamo alcune che sono relative all'opera stessa, da LEGGERE VERTICALE a PESHAWAR PAKISTAN.
Come si sa, i quadrati di parole devono essere composti da nove lettere (disposte tre per lato come in ALI GHI ERO), oppure da sedici (quattro su ogni lato, come nella maggior parte delle frasi di quest'opera, ad esempio ORDI NEED ISOR DINE), da venticinque, trentasei e così via, in ogni caso da numeri quadrati.
Le frasi colorate di quest'opera sono contenute in quadrati di quattro lettere per lato. L'artista aveva previsto anche l'inserimento di un'ampia area centrale in bianco e nero; la soluzione più semplice sarebbe stata quella di un quadrato con un lato di lunghezza doppia (quindi di otto lettere per otto). Boetti sceglie invece una struttura molto più complessa: inserisce una linea di caratteri arabi a metà di ognuno dei lati maggiori. Questo gli permette di ottenere una variazione importante: il quadrato centrale ha nove lettere per lato (e nove, cioè tre per tre, è ancora una volta un numero quadrato). Inoltre, il numero totale delle lettere sui lati maggiori diventa venticinque. E anche venticinque è un numero quadrato.
La perfezione matematica di quest'opera, giocata intorno ai quadrati di tre, quattro e cinque che si intersecano e si moltiplicano ricorda le strutture compositive geometriche e i rapporti aurei di alcuni grandi artisti della tradizione italiana come Piero della Francesca, Paolo Uccello, Gino Severini, apparentemente tanto lontani da Boetti. Come in tutti questi artisti, anche in Boetti la costruzione matematica viene riscattata dall'uso vivacissimo del colore.
Le fonti di Boetti non sono però solo italiane. L'artista si affida per l'esecuzione dei suoi ricami all'antica sensibilità cromatica di popolazioni che hanno ereditato una tradizione tessile millenaria. A questi popoli, che hanno trovato la forma più alta di espressione artistica nella realizzazione di tappeti, rende omaggio nel primo quadrato, quello che dichiara come un etichetta 'Made in' l'origine pakistana dell'opera.
Come in tutti i risultati più alti di Boetti, antico e moderno, rigore e fantasia convivono in un ordine perennemente instabile ma visivamente efficacissimo.