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Nell'opera di Consagra il problema della materia, fondamentale per tutta l'arte moderna, si pone come problema della tecnica o del modo di operare nella materia: un modo rude e vigoroso, che dispone però di tutti i mezzi della tecnica moderna. Non è un caso che questa scultura conservi l'asprezza della macchina o dell'utensile. Ma è un utensile bloccato i cui pezzi sono fusi e saldati l'uno con l'altro, in una massa compatta, appena interrotta da crepacci, rotture, lacerazioni impreviste. Consagra lavora con arnesi da metallurgia pesante, docili e potenti, che hanno sulla materia una presa sicura: l'afferrano, la tagliano, la riducono, senza peraltro privarla, si tratti di metallo o di legno, della dimensione e della fibra naturali. Tra questi arnesi c'è il fuoco: e non solo nella fase della fusione, che pure segna il momento culminante della gestazione, la nascita dell'oggetto plastico. Consagra si serve del fuoco come dell'arma più acuminata: finché l'oggetto plastico non abbia acquistato un'aggressività, e quasi una incandescenza costante, che gli permette non solo di esistere ma di imporsi nello spazio.
(G.C. Argan, Pietro Consagra, in XXX Biennale Internazionale d'Arte, 1960, p. 108)
(G.C. Argan, Pietro Consagra, in XXX Biennale Internazionale d'Arte, 1960, p. 108)