拍品專文
'E' necessario quindi un cambio nell'essenza e nella forma. E' necessaria la superazione della pittura, della scultura, della poesia. Si esige ora un'arte basata sulla necessità di questa nuova visione. Il barocco ci ha diretti in questo senso, lo rappresenta come grandiosità ancora non superata ove si unisce alla plastica la nozione di tempo, le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio i movimenti rappresentati'.
Lucio Fontana
"Se nel buco il gesto è evocato soprattutto fisicamente, nel taglio il gesto risulta invece come essenzializzato in un'assolutezza perentoria quasi concettuale" (E. Crispolti)
"Comincia ad affermarsi nei dipinti del nuovo ciclo il loro deciso monocromatismo, e insieme una volontà di ordinarvi il taglio o i tagli quali strutture primarie ed elementari, gestualmente calibratissime. Esposti già nella personale alla Galleria del Naviglio a Milano in febbraio (e realizzati a sorpresa proprio in vista di quella), i Tagli sono presentati come novità nel marzo 1959 nella personale alla Galleria Stadler, introdotta in catalogo da Michel Tapié, già protagonista critico dell'Informale non soltanto europeo; e poi nella Biennale di San Paolo del Brasile nel settembre-dicembre seguenti, e concludono la retrospettiva che ho organizzato a Roma a L'Attico in ottobre (la prima ampia revisione storico-critica tentata del lavoro di Fontana).
Il taglio è sempre netto, assoluto, sia unico, sia in successione ritmica. D'altra parte una corsività del taglio stesso, muovendo allora dall'immediatezza di graffito, era già presente nelle Carte, nelle carte-telate che Fontana ha realizzato fra il 1957 e il 1959, e che dunque i Tagli stessi introducono operativamente. L'approccio vi resta comunque sperimentale, aperto a molteplici soluzioni. Prova infatti anche l'impiego di forme segniche, in genere in oro su campiture nero, o giallo, o verde, in dialettica con i tagli stessi, oppure modifica poligonalmente la struttura stessa tradizionalmente quadrangolare del dipinto. (...)
Fra il 1959 e il 1960 i Tagli tendono ad assumere una loro monumentalità di ampie cadenze ritmiche, solcando quasi l'intera altezza della tela, tracciati in ordinati, solenni gesti entro campiture di un rigoroso monocromatismo che assume ormai tutta la sua intenzionalità di apertura di una pagina nuova al di là delle esperienze materiche informali.
Fontana ne espone nell'ottobre-novembre 1960 a Londra nella propria personale alla McRoberts and Tunnard Gallery. Lungo una decina d'anni, quantitativamente, il ciclo più ampio e ricco, e certamente uno dei più significativi e sicuramente il più popolare nell'intera sua opera (scavalcando come tipizzazione di questa, nel tempo, il ruolo assunto precedentemente dagli stessi Buchi), i Tagli rappresentano l'ossatura della polarità più ordinata e limpida durante i Sessanta, nell'apertura appunto a una visione nuova, assoluta. La relativa fenomenologia di configurazione, tuttavia complessivamente non amplissima, si riconduce al valore di assolutezza gestuale che il taglio medesimo assume: segno che fende con lucida nettezza la superficie, a sua volta monocromaticamente assoluta, riproponendovi quell'induzione immaginativa di ulteriorità spaziale che già adduceva il buco all'inizio degli anni Cinquanta, e tuttavia non più secondo una situazione di relatività (nella molteplicità degli interventi) ma secondo una perentorietà del tutto irreversibile in una concentrazione d'atto quasi di rarefazione "zen" (esaltata nella famosa sequenza fotografica di Ugo Mulas). [...] Fin dall'inizio nel retro dei Tagli Fontana ha posto l'intitolazione "attesa" (se unici) o "attese" (se molteplici), specificandovene tuttavia anche, come già dai primi Buchi, la natura di "concetti spaziali". "Attesa" in un senso piuttosto ampio e volutamente poliallusivo, andando verosimilmente da un'ipotesi di condizione avveniristica, che si apre a un'intenzione contemplativa quasi metafisica, fino a una circostanziata allusione evidentemente sessuale, anche se questa naturalmente di un simbolismo erotico decantato al limite dell'astrazione analogica. Ma anche infine un'intenzione di respiro spaziale cosmico, infinito, come placato".
(E. Crispolti in Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol. I, pp. 76-78)
Lucio Fontana
"Se nel buco il gesto è evocato soprattutto fisicamente, nel taglio il gesto risulta invece come essenzializzato in un'assolutezza perentoria quasi concettuale" (E. Crispolti)
"Comincia ad affermarsi nei dipinti del nuovo ciclo il loro deciso monocromatismo, e insieme una volontà di ordinarvi il taglio o i tagli quali strutture primarie ed elementari, gestualmente calibratissime. Esposti già nella personale alla Galleria del Naviglio a Milano in febbraio (e realizzati a sorpresa proprio in vista di quella), i Tagli sono presentati come novità nel marzo 1959 nella personale alla Galleria Stadler, introdotta in catalogo da Michel Tapié, già protagonista critico dell'Informale non soltanto europeo; e poi nella Biennale di San Paolo del Brasile nel settembre-dicembre seguenti, e concludono la retrospettiva che ho organizzato a Roma a L'Attico in ottobre (la prima ampia revisione storico-critica tentata del lavoro di Fontana).
Il taglio è sempre netto, assoluto, sia unico, sia in successione ritmica. D'altra parte una corsività del taglio stesso, muovendo allora dall'immediatezza di graffito, era già presente nelle Carte, nelle carte-telate che Fontana ha realizzato fra il 1957 e il 1959, e che dunque i Tagli stessi introducono operativamente. L'approccio vi resta comunque sperimentale, aperto a molteplici soluzioni. Prova infatti anche l'impiego di forme segniche, in genere in oro su campiture nero, o giallo, o verde, in dialettica con i tagli stessi, oppure modifica poligonalmente la struttura stessa tradizionalmente quadrangolare del dipinto. (...)
Fra il 1959 e il 1960 i Tagli tendono ad assumere una loro monumentalità di ampie cadenze ritmiche, solcando quasi l'intera altezza della tela, tracciati in ordinati, solenni gesti entro campiture di un rigoroso monocromatismo che assume ormai tutta la sua intenzionalità di apertura di una pagina nuova al di là delle esperienze materiche informali.
Fontana ne espone nell'ottobre-novembre 1960 a Londra nella propria personale alla McRoberts and Tunnard Gallery. Lungo una decina d'anni, quantitativamente, il ciclo più ampio e ricco, e certamente uno dei più significativi e sicuramente il più popolare nell'intera sua opera (scavalcando come tipizzazione di questa, nel tempo, il ruolo assunto precedentemente dagli stessi Buchi), i Tagli rappresentano l'ossatura della polarità più ordinata e limpida durante i Sessanta, nell'apertura appunto a una visione nuova, assoluta. La relativa fenomenologia di configurazione, tuttavia complessivamente non amplissima, si riconduce al valore di assolutezza gestuale che il taglio medesimo assume: segno che fende con lucida nettezza la superficie, a sua volta monocromaticamente assoluta, riproponendovi quell'induzione immaginativa di ulteriorità spaziale che già adduceva il buco all'inizio degli anni Cinquanta, e tuttavia non più secondo una situazione di relatività (nella molteplicità degli interventi) ma secondo una perentorietà del tutto irreversibile in una concentrazione d'atto quasi di rarefazione "zen" (esaltata nella famosa sequenza fotografica di Ugo Mulas). [...] Fin dall'inizio nel retro dei Tagli Fontana ha posto l'intitolazione "attesa" (se unici) o "attese" (se molteplici), specificandovene tuttavia anche, come già dai primi Buchi, la natura di "concetti spaziali". "Attesa" in un senso piuttosto ampio e volutamente poliallusivo, andando verosimilmente da un'ipotesi di condizione avveniristica, che si apre a un'intenzione contemplativa quasi metafisica, fino a una circostanziata allusione evidentemente sessuale, anche se questa naturalmente di un simbolismo erotico decantato al limite dell'astrazione analogica. Ma anche infine un'intenzione di respiro spaziale cosmico, infinito, come placato".
(E. Crispolti in Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol. I, pp. 76-78)