Fabio Mauri (N. 1926)
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's… Read more
Fabio Mauri (N. 1926)

Schermo

Details
Fabio Mauri (N. 1926)
Schermo
firma, data e titolo Fabio Mauri 1972, Roma "Schermo" (sul retro)
tela estroflessa e struttura di legno
cm 134x81,5x7
Eseguito nel 1972
Autentica dell'artista su fotografia
Provenance
De Crescenzo, Roma
Collezione Sergio Morico CIDAC, Roma
ivi acquisito dall'attuale proprietario nel 1993
Special Notice
Artist's Resale Right ("Droit de Suite"). Artist's Resale Right Regulations 2006 apply to this lot, the buyer agrees to pay us an amount equal to the resale royalty provided for in those Regulations, and we undertake to the buyer to pay such amount to the artist's collection agent.

If you wish to view the condition report of this lot, please sign in to your account.

Sign in
View condition report

Lot Essay

"Lo schermo, discreto, attende le immagini, quasi omettendo di proporre di diritto la propria. Non è enigmatico, semmai nascosto. La sua attesa è molto esperta: sa di contenere. Non afferma. Lascia che su di sè si affermi. Stringe il senso dentro di sè. Lo schermo è una pittura nascosta in un oggetto reale...è un'affermazione complessa presentata come elementare"
(Fabio Mauri)

Tra la fine degli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta alcuni quadri non desiderano più essere quadri, voglio diventare oggetti. Emendati dall'espressività informale con il loro quasi ascetico antipittoricismo con stesure lisce, compatte, spazi purificati dall'emotività, dalla matericità e capaci invece di riflettere, a un loro grado zero, sui codici della comunicazione estetica, gli schermi di Mauri anticipano i monocromi di Schifano, e se ne
distinguono scavalcandone la sensualità pop in una specie di raggelante preveggenza minimal.
Infatti lo schermo non ricopre di sé il mondo. Né è una materia a cui lo riduce. Il suo intento, minimo o smisurato, è di contenerlo "velandolo". (...) è la continuità del diaframma esiguo tra il dentro e il fuori.
Gli schermi attraversano, scandiscono tutta l'opera di Mauri. Come quelli più piccoli degli inizi, gli scermi ingranditi dei Settanta continuano, con ancor più pertinenza forse, ad alludere a schermi di proiezione, e come tali compaiono in installazioni e performance. È tuttavia difficile sottrarsi alla sensazione che essi si presentino soprattutto come pause, silenzi, gesti di negazione e purificazione linguistica e (dunque) spirituale.
(Marco Di Capua, in Novecento. Arte e Storia in Italia, cat. mostra Scuderie Papali al Quirinale, Roma 2000-2001, p. 524)