拍品专文
Provenienti entrambe da una collezione privata italiana e per decenni custodite nella stessa, le opere che vengono presentate in questa sezione testimoniano oltre che un momento fondamentale della produzione artistica dell'autore, anche un rapporto personale e diretto tra l'artista e la famiglia dell'attuale proprietario.
Esse appartengono alla rarissima serie delle Muffe, opere caratterizzate da un forte e materico impasto pittorico, che Burri esegue a partire dal 1951, subito dopo e a volte in concomitanza con la serie dei Nero e dei Catrami. All'interno del corpus di opere conosciute, le Muffe costituiscono un gruppo di soltanto 27 esemplari - da qui la loro assoluta rarità sul mercato - e rappresentano un momento cruciale per la comprensione del percorso artistico e della ricerca di Burri.
Mentre con la serie dei Nero, a partire dalla fine degli anni Quaranta, Burri si apre definitivamente all'arte informale e ad un percorso che lo indirizzerà verso rese pittoriche molto materiche, con i Catrami sviluppa e approfondisce questi temi e arriva all'evocazione di un elemento esterno, i suoi quadri ricordano la consistenza del catrame, si accendono di lampi di colori, appena soffocati dalla pesantezza della materia, costretta nei suoi contorni dalla rigida struttura bidimensionale della tela. Ma siamo ancora dentro una riflessione fatta tutta sul colore, la luce, i rapporti di spazi e geometrie rarefatte.
Con Muffe il percorso dell'artista arriva ad una nuova tappa: la pittura si nutre di nuove tecniche - il dripping -, si fa più sperimentale, forza la superficie che diventa sempre più materica, più consistente, più accesa e sofferente. La pittura è arrivata ad un ulteriore grado di sofisticazione, evoca non più una sostanza inorganica, come il catrame, ma una sostanza organica, 'distilla' la sostanza organica sulla tela e diventa essa stessa oggetto della rappresentazione artistica. La tela è ancora il regno del colore, ma nuovi materiali si uniscono al tradizionale colore e insieme diventano la "materia", che regna sovrana nelle composizioni di Burri.
Negli stessi anni il Maestro inizierà la celeberrima serie dei Sacchi, che mostrerà come si possa conseguire l'effetto pittorico della composizione, impiegando unicamente materiali fino ad allora estranei alla tradizione pittorica. Molte Muffe - come nel caso di quella datata 1952, qui presentata - sono realizzate su sacchi di juta, a conferma di come la ricerca del Maestro in quegli anni fosse straordinariamente sperimentale ed attentissima ad indagare ogni possibile evoluzione dell'impiego delle tradizionali tecniche pittoriche.
Difficile sarebbe capire le successive serie dei Legni, dei Ferri, dei Bianco plastica e delle Combustioni - se non si inquadrasse tutta la vicenda artistica di Burri attraverso l'angolo prospettico di questa serie, così rara e raffinata, delle Muffe.
Mentre il panorama artistico italiano si trovava diviso da un dibattito sulla legittimità di un'arte astratta, piuttosto che figurativa, Burri risolse il dilemma puntando verso una terza, possibile dimensione pittorica: la materia. Aprendo la pittura a componenti quali la pietra pomice, il catrame, i sacchi in juta, la plastica e il ferro, Burri fece della materia il soggetto della sua pittura, reintegrando l'astrazione delle sue opere nel mondo concreto degli elementi.
Analizzando l'opera che qui viene proposta in un primo momento Muffa appare come l'attento lavoro di un sobrio colorista: leggere sfumature di beige, bianchi sporchi e fuligginosi dialogano con una macchia rossa sanguigna al centro del quadro. Delimitati da una maldestra geometria, le aree del quadro creano sulla superficie un disegno a prima vista puramente astratto. Eppure, nel ricorso alla materia, Muffa acquisisce un'altra dimensione. Alla presenza fluida dei colori si aggiungono pezzi di stoffa, aggrovigliati e imbrattati, che creano sulla superficie sporgenze, pieghe e grumi normalmente estranei alla pittura. Questi inaspettati sviluppi del quadro ne evidenziano la presenza fisica, in quanto oggetto, in quanto fenomeno creato dalla materia, negando l'idea di rappresentazione di una realtà altra, implicita nell'arte figurativa e astratta. Il titolo dell'opera - 'Muffa' - evoca giustappunto una dimensione organica: come dei microrganismi che si sviluppano su un muro, questa nuova pittura sembra dunque essere secreta dalla tela stessa, strato per strato, in quanto materia vivente. Proprio questa materia, dunque, diventa il soggetto del quadro: una presenza tattile, accumulata nel corso del tempo, frutto dell'incontro di chimiche diverse.
Destinato a diventare una delle figure più influenti del mondo dell'arte contemporaneo, Burri iniziò la sua carriera come medico, servendo in quanto tale l'esercito italiano nel Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943, tuttavia, Burri fu fatto prigioniero dalle truppe americane e successivamente fu trasferito a Hereford, Texas. Fu proprio in Texas - a migliaia di chilometri dall'Italia e quasi dieci anni dopo essersi specializzato in medicina - che Burri iniziò a dipingere, scoprendo una vocazione che manterrà per il resto della sua vita. Nel 1945, una volta rientrato in Italia, Burri si stabilì a Roma, esponendo le sue prime opere astratte alla Galleria La Margherita. È verso gli inizi degli anni '50, tuttavia, che Burri inizia il suo cammino verso la materia; opere come Muffa, sono dunque da annoverare fra le primissime, cruciali espressioni dell'opera Burriana. Eseguite nel Dopoguerra e attraverso gli occhi di un medico di guerra, le Muffe di Burri possono dunque apparire come sublimazioni astratte della distruzione e della mescolanza della materia conosciute nel conflitto: una confusione informe di pittura e materia simile alla confusione informe urbana lasciata dalle bombe e dai detriti. Opere come Muffa, inoltre, implicano spesso un'azione violenta, che cosparge, distrugge e mescola la materia con energia: nella parte superiore, a destra del quadro, uno strato di pittura appare 'squarciato' sotto la forza di uno shock fisico esterno, con un richiamo, forse casuale ma non per questo meno rivelante, agli scoppi della guerra.
Se emotivamente opere come Muffa sembrano poter riferire al caos della guerra, artisticamente tali dipinti appaiono come cruciali punti di passaggio che, dalle avanguardie storiche apriranno la via a gran parte dell' arte della seconda metà del Ventesimo secolo. La ricerca di materie esterne alla pittura - oggetti trovati, pezzi di giornali e carte da parati, sabbia - infatti, aveva già caratterizzato alcune avanguardie storiche, interessando i Dadaisti, i Cubisti e i Surrealisti in particolare. Le opere di Burri continuano questa tradizione d'avanguardia artistica: Muffa sembra infatti ricreare l'aspetto composito di un collage, la forma artistica prediletta da queste avanguardie nell'integrazione di materiali estranei al mondo dell'arte. Le varie aree del quadro sono eseguite in diversi spessori e tecniche, dando l'illusione di essere ritagli di materie diverse: ruvide, pastose, tessili. La divisione stessa del dipinto in diverse aree distinte e tuttavia connesse da bordi più o meno definiti, sembra imitare l'unità casuale ed eterogenea di un collage. Tuttavia, la forza innovativa di Muffa è, dopotutto, quella di non essere un collage, ma piuttosto un tour de force di sperimentazione materica. Se i Dadaisti, Cubisti e Surrealisti avevano introdotto nell'arte materiali estranei in maniera diretta ed eterogenea, Burri si appropria dei processi delle avanguardie in una forma più radicale: in Muffa, la stoffa non è solo integrata e giustapposta alla pittura, ma fusa con essa. Opere come Muffa restano dunque centrali a un discorso sull'arte che si sviluppa nell' art informel del Dopoguerra, espresso da artisti come Jean Dubuffet, Wols e Jean Fautrier. Burri, che aveva visitato Parigi nel 1948, potrebbe aver trovato nelle opere di quegli artisti una via verso una nuova pittura, concepita attorno all'espressività delle materie.
Nel 1952 - lo stesso anno in cui Burri eseguì Muffa - Harold Rosenberg coniò il termine 'Abstract Expressionism', battezzando così uno dei principali movimenti artistici del Dopoguerra americano, incentrato sull'importanza del gesto istintivo e creatore dell'artista.
Esse appartengono alla rarissima serie delle Muffe, opere caratterizzate da un forte e materico impasto pittorico, che Burri esegue a partire dal 1951, subito dopo e a volte in concomitanza con la serie dei Nero e dei Catrami. All'interno del corpus di opere conosciute, le Muffe costituiscono un gruppo di soltanto 27 esemplari - da qui la loro assoluta rarità sul mercato - e rappresentano un momento cruciale per la comprensione del percorso artistico e della ricerca di Burri.
Mentre con la serie dei Nero, a partire dalla fine degli anni Quaranta, Burri si apre definitivamente all'arte informale e ad un percorso che lo indirizzerà verso rese pittoriche molto materiche, con i Catrami sviluppa e approfondisce questi temi e arriva all'evocazione di un elemento esterno, i suoi quadri ricordano la consistenza del catrame, si accendono di lampi di colori, appena soffocati dalla pesantezza della materia, costretta nei suoi contorni dalla rigida struttura bidimensionale della tela. Ma siamo ancora dentro una riflessione fatta tutta sul colore, la luce, i rapporti di spazi e geometrie rarefatte.
Con Muffe il percorso dell'artista arriva ad una nuova tappa: la pittura si nutre di nuove tecniche - il dripping -, si fa più sperimentale, forza la superficie che diventa sempre più materica, più consistente, più accesa e sofferente. La pittura è arrivata ad un ulteriore grado di sofisticazione, evoca non più una sostanza inorganica, come il catrame, ma una sostanza organica, 'distilla' la sostanza organica sulla tela e diventa essa stessa oggetto della rappresentazione artistica. La tela è ancora il regno del colore, ma nuovi materiali si uniscono al tradizionale colore e insieme diventano la "materia", che regna sovrana nelle composizioni di Burri.
Negli stessi anni il Maestro inizierà la celeberrima serie dei Sacchi, che mostrerà come si possa conseguire l'effetto pittorico della composizione, impiegando unicamente materiali fino ad allora estranei alla tradizione pittorica. Molte Muffe - come nel caso di quella datata 1952, qui presentata - sono realizzate su sacchi di juta, a conferma di come la ricerca del Maestro in quegli anni fosse straordinariamente sperimentale ed attentissima ad indagare ogni possibile evoluzione dell'impiego delle tradizionali tecniche pittoriche.
Difficile sarebbe capire le successive serie dei Legni, dei Ferri, dei Bianco plastica e delle Combustioni - se non si inquadrasse tutta la vicenda artistica di Burri attraverso l'angolo prospettico di questa serie, così rara e raffinata, delle Muffe.
Mentre il panorama artistico italiano si trovava diviso da un dibattito sulla legittimità di un'arte astratta, piuttosto che figurativa, Burri risolse il dilemma puntando verso una terza, possibile dimensione pittorica: la materia. Aprendo la pittura a componenti quali la pietra pomice, il catrame, i sacchi in juta, la plastica e il ferro, Burri fece della materia il soggetto della sua pittura, reintegrando l'astrazione delle sue opere nel mondo concreto degli elementi.
Analizzando l'opera che qui viene proposta in un primo momento Muffa appare come l'attento lavoro di un sobrio colorista: leggere sfumature di beige, bianchi sporchi e fuligginosi dialogano con una macchia rossa sanguigna al centro del quadro. Delimitati da una maldestra geometria, le aree del quadro creano sulla superficie un disegno a prima vista puramente astratto. Eppure, nel ricorso alla materia, Muffa acquisisce un'altra dimensione. Alla presenza fluida dei colori si aggiungono pezzi di stoffa, aggrovigliati e imbrattati, che creano sulla superficie sporgenze, pieghe e grumi normalmente estranei alla pittura. Questi inaspettati sviluppi del quadro ne evidenziano la presenza fisica, in quanto oggetto, in quanto fenomeno creato dalla materia, negando l'idea di rappresentazione di una realtà altra, implicita nell'arte figurativa e astratta. Il titolo dell'opera - 'Muffa' - evoca giustappunto una dimensione organica: come dei microrganismi che si sviluppano su un muro, questa nuova pittura sembra dunque essere secreta dalla tela stessa, strato per strato, in quanto materia vivente. Proprio questa materia, dunque, diventa il soggetto del quadro: una presenza tattile, accumulata nel corso del tempo, frutto dell'incontro di chimiche diverse.
Destinato a diventare una delle figure più influenti del mondo dell'arte contemporaneo, Burri iniziò la sua carriera come medico, servendo in quanto tale l'esercito italiano nel Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943, tuttavia, Burri fu fatto prigioniero dalle truppe americane e successivamente fu trasferito a Hereford, Texas. Fu proprio in Texas - a migliaia di chilometri dall'Italia e quasi dieci anni dopo essersi specializzato in medicina - che Burri iniziò a dipingere, scoprendo una vocazione che manterrà per il resto della sua vita. Nel 1945, una volta rientrato in Italia, Burri si stabilì a Roma, esponendo le sue prime opere astratte alla Galleria La Margherita. È verso gli inizi degli anni '50, tuttavia, che Burri inizia il suo cammino verso la materia; opere come Muffa, sono dunque da annoverare fra le primissime, cruciali espressioni dell'opera Burriana. Eseguite nel Dopoguerra e attraverso gli occhi di un medico di guerra, le Muffe di Burri possono dunque apparire come sublimazioni astratte della distruzione e della mescolanza della materia conosciute nel conflitto: una confusione informe di pittura e materia simile alla confusione informe urbana lasciata dalle bombe e dai detriti. Opere come Muffa, inoltre, implicano spesso un'azione violenta, che cosparge, distrugge e mescola la materia con energia: nella parte superiore, a destra del quadro, uno strato di pittura appare 'squarciato' sotto la forza di uno shock fisico esterno, con un richiamo, forse casuale ma non per questo meno rivelante, agli scoppi della guerra.
Se emotivamente opere come Muffa sembrano poter riferire al caos della guerra, artisticamente tali dipinti appaiono come cruciali punti di passaggio che, dalle avanguardie storiche apriranno la via a gran parte dell' arte della seconda metà del Ventesimo secolo. La ricerca di materie esterne alla pittura - oggetti trovati, pezzi di giornali e carte da parati, sabbia - infatti, aveva già caratterizzato alcune avanguardie storiche, interessando i Dadaisti, i Cubisti e i Surrealisti in particolare. Le opere di Burri continuano questa tradizione d'avanguardia artistica: Muffa sembra infatti ricreare l'aspetto composito di un collage, la forma artistica prediletta da queste avanguardie nell'integrazione di materiali estranei al mondo dell'arte. Le varie aree del quadro sono eseguite in diversi spessori e tecniche, dando l'illusione di essere ritagli di materie diverse: ruvide, pastose, tessili. La divisione stessa del dipinto in diverse aree distinte e tuttavia connesse da bordi più o meno definiti, sembra imitare l'unità casuale ed eterogenea di un collage. Tuttavia, la forza innovativa di Muffa è, dopotutto, quella di non essere un collage, ma piuttosto un tour de force di sperimentazione materica. Se i Dadaisti, Cubisti e Surrealisti avevano introdotto nell'arte materiali estranei in maniera diretta ed eterogenea, Burri si appropria dei processi delle avanguardie in una forma più radicale: in Muffa, la stoffa non è solo integrata e giustapposta alla pittura, ma fusa con essa. Opere come Muffa restano dunque centrali a un discorso sull'arte che si sviluppa nell' art informel del Dopoguerra, espresso da artisti come Jean Dubuffet, Wols e Jean Fautrier. Burri, che aveva visitato Parigi nel 1948, potrebbe aver trovato nelle opere di quegli artisti una via verso una nuova pittura, concepita attorno all'espressività delle materie.
Nel 1952 - lo stesso anno in cui Burri eseguì Muffa - Harold Rosenberg coniò il termine 'Abstract Expressionism', battezzando così uno dei principali movimenti artistici del Dopoguerra americano, incentrato sull'importanza del gesto istintivo e creatore dell'artista.