拍品专文
"Se è vero che la figurazione non serve più né a noi né agli altri allora buttiamolo via anche questo surrogato della 'forma'. Non ho proprio nessuna voglia di inchinarmi a questo dio. Se debbo essere solo non sostituirò la calda immagine con questa presenza ostile".
"If it’s true that figuration won’t do anything good to us nor to others, then let’s get rid of this last surrogate of ‘form’!
I have no intention to bow to this god.
If I have to be alone, I won’t swap a warm image with a hostile presence; this internal dialogue with alien laws".
LEONCILLO
Espanso verso l'alto come un flusso contorto di lava solidificata e lacerato affinché riveli la cavità interna crepata, Taglio Bianco è un esempio significativo delle sculture mature di Leoncillo Leonardi realizzate con la ceramica smaltata: un capolavoro riscoperto che giunge ora sul mercato da un'illustre collezione privata.
Sempre più mossi dall'anelito di esplorare le nozioni metafisiche di spazio, limite, vuoto e materia, questi lavori di Leoncillo prendono le distanze dal realismo e dalla necessità di raffigurazione che caratterizzavano le sue prime opere, per giungere a un'astrazione informale che trovava fondamento nelle caratteristiche intrinseche dell'argilla, il suo materiale prediletto.
Questa evoluzione verso un'estetica maggiormente espressiva faceva seguito alla sua preoccupazione di rivelare la forma sostanziale della materia, aspetto che sviluppò dopo la collaborazione con Lucio Fontana in occasione della XXVII Biennale di Venezia nel 1954. Stabilendo un dialogo con le esplorazioni spaziali bidimensionali di Fontana, e prendendo spunto dalle prime opere ceramiche del suo compatriota, il cui orientamento si giocava tra i poli della rappresentazione e dell'astrazione, Leoncillo si propose di aprire i volumi, superare la materia e costruire lo spazio attorno al vuoto.
Plasmato, squarciato e perforato, Taglio bianco cerca, definisce e si muove lungo la linea che separa il punto statico dalla dimensione spaziale. L'artista dona al lavoro un senso di vita pura, volume e fisicità attraverso la modellazione manuale della terracotta che ha tagliato e profondamente ferito così da rivelare, attraverso le sue stratificazioni, il processo creativo. Questa manipolazione della purezza plastica della superficie, diretta e piena di energia, trova un ulteriore motivo di espressione nell'applicazione di uno smalto ad alta temperatura. Prediligendo una verniciatura bianca, Leoncillo evita tutti i colori al fine di evidenziare gli strati e la privazione dell'argilla, per concentrarsi su forma e materia. Taglio bianco, un lavoro intellettuale autonomo e profondo, rappresenta il culmine della ricerca di sperimentazione plastica ed esplorazione spaziale effettuata da questo artista la cui figura è centrale nella storia scultorea del XX secolo.
Cresciuto a contatto con la Scuola Romana di Mafai e Cagli, Leoncillo accoppia il mestiere all’impegno politico, da partigiano e militare comunista, partecipando nel 1946 al Fronte Nuovo delle Arti. Seguendo l’esempio di Lucio Fontana si specializza in ceramica, considerata ancora materia popolare e artigianale, e sviluppando quest’arte con una forte vena espressionista, con colori accesi e forme irregolari, che riporta a origini post cubiste.
Nel 1956 Leoncillo rompe con il Partito Comunista e si dedica a strade espressive più libere, abbandonando il figurativo a favore di una scultura Informale.
Di Leoncillo ricostruisce un affascinante ritratto critico Cesare Brandi:
“Il taglio, materialmente eseguito sulla creta, come con una mannaia, è la palese dimostrazione dell’intelligenza cubista di Leoncillo: rappresenta in atto la scomposizione del volume naturalistico in una serie di piani cromatici e luminosi, in cui viene dato contemporaneamente l’oggetto – che però è tutt’altro che naturale – e la sua elaborazione sintattica in una forma la più lontana dall’oggetto naturale. Anzi in questo oggetto risulta chiaramente l’attività di sostituzione con cui Leoncillo creava come una nuova natura, con delle materie pregiate – i suoi smalti, i suoi gres – che divenivano colore e luce, colore con la luce incorporata come quella delle pietre preziose. Per questo Leoncillo non poteva usare che la ceramica, esaltandola, da mezzo artigianale alla forma più autonoma e rarefatta.
Il Colore di Leoncillo non è allora né l’apprezzamento cubista in funzione di un volume, né il colore tonale di Morandi, ma è un continuo proporsi con sintesi di luce e preziosità di timbri.
Solo in Burri c’è la capacità di trasformare un colore opaco in un altro colore rispetto allo stesso colore brillante, e la sottigliezza con cui Leoncillo gioca nei passaggi da lucido a opaco, riuscendo sempre a conservare un titolo implicito di luce, deve dimostrare anche agli orbi la raffinata sensibilità cromatica dell’artista.
Il taglio che incide sulla carne stessa della scultura e la sfaccetta come un diamante, oltre a rappresentare, come si è detto, la fertilità della sintassi cubista, è una fonte di luce per la scultura, ne fa una specie di faro autonomo sulla luce naturale. Donde la difficoltà di illuminare queste sculture che emettono raggi ed esigono che tale intermittenza sia rispettata”.
(C. Brandi, Destino di Leoncillo¸ Roma 1982, in C. Spadoni, Leoncillo, Roma 1983, pp. 7-8)
Expanding upwards like a writhing flow of solidified lava that has been vertically lacerated to reveal a hollow crevassed interior, Taglio bianco (White Cut) is an exceptional example of Leoncillo's mature glazed ceramic sculptures: a rediscovered masterpiece that comes for the first time to the market from a distinguished private collection. Increasingly keen to explore metaphysical notions of space, limits, emptiness and matter, these works saw Leoncillo progressively move away from the realism and figuration that had characterized his earlier works to an Informal Abstraction that rested principally on the inherent qualities of his medium of devotion: clay. This evolution towards a more expressive aesthetic defined by its concern with revealing the inherent form of matter itself developed following Leoncillo’s collaboration with Lucio Fontana at the XXVII Biennale of Venice in 1954. Establishing a dialogue with Fontana’s two-dimensional spatial explorations, and building on his compatriot’s early ceramic oeuvre, which was similarly positioned between representation and abstraction, Leoncillo set out to open volumes, overcome matter, and build around the void to create space.
Shaped, slashed and perforated, Taglio bianco seeks, defines and moves the line between the static point and the spatial dimension. Leoncillo gives the work a sense of sheer life, volume and physicality through his vigorous hand modelling of the terracotta, which he has cut and wounded deeply so as to reveal the process of its creation through its stratifications. This direct, forceful manipulation of the plastic purity of the surface is further enhanced by the application of a highly-fired enamel. Opting for a white glaze, Leoncillo eschews all colour to highlight the layers and cuts within the clay, focusing on form and matter. An autonomous and deeply intellectual work, Taglio bianco represents the culmination of years of plastic experimentation and spatial exploration by this central figure in the history of 20th Century Sculpture.
Trained in the context of the Roman School of Mafai and Cagli, initially Leoncillo coupled his artistic vocation with his political sentiments, figuring as a partisan and militant Communist, while participating in the post-War Italian Fronte Nuovo delle Arti movement, founded in 1946. Following the example of Lucio Fontana, he specialized in ceramics – which was still considered a lowly, artisanal medium –, developing his own artistic style characterized by a strong expressionist vein, with bright colors and irregular shapes that reveal its undeniable post-Cubist origins.
In 1956, Leoncillo broke away from the Communist Party, choosing rather to devote himself entirely to free expression by abandoning figurative art in favor of an informal approach to sculpture.
Indeed, Cesare Brandi would reconstruct a fascinating critical portrait of Leoncillo, through these words:
"The cut, materially executed in clay, as if it were incised by a cleaver, is the clear demonstration of Leoncillo's Cubist intelligence: it represents the decomposition of naturalistic volumes into a series of chromatic and luminous planes, in which the object is simultaneously portrayed – as anything but natural – together with its syntactic elaboration into a form that goes far beyond that of a natural object. On the contrary, in this object the act of substitution through which Leoncillo creates a new nature is clearly evident in his precious glazes and stoneware finishes, which became color and light, color that incorporates light just as precious stones do. For this reason, Leoncillo could not use anything but clay, exalting it from its artisanal status to its most autonomous and rarefied form.
Colour for Leoncillo is therefore neither a Cubist contemplation of volume nor a tonal study like those of Morandi, rather it is a continuous synthesis of light and the precious tonal register of colour. Only Burri shared the ability to transform an opaque tone into a hue that differs from a shiny variant of the original colour, and the subtlety with which Leoncillo animated this transition between shiny and opaque – while always preserving the implicit role of light –, visibly demonstrates the artist’s rarefied chromatic sensitivity.
The incision that cuts into the flesh of the sculpture, faceting it like a diamond, represents both the fertile visual language of Cubist syntax, and a light source for the sculpture, creating an independent source of illumination from natural light. Hence the difficulty of illuminating these sculptures, which emit rays and demand that such intermittence be respected".
(C. Brandi, Destino di Leoncillo¸ Rome 1982, in C. Spadoni, Leoncillo, Rome 1983, pp. 7-8)
"If it’s true that figuration won’t do anything good to us nor to others, then let’s get rid of this last surrogate of ‘form’!
I have no intention to bow to this god.
If I have to be alone, I won’t swap a warm image with a hostile presence; this internal dialogue with alien laws".
LEONCILLO
Espanso verso l'alto come un flusso contorto di lava solidificata e lacerato affinché riveli la cavità interna crepata, Taglio Bianco è un esempio significativo delle sculture mature di Leoncillo Leonardi realizzate con la ceramica smaltata: un capolavoro riscoperto che giunge ora sul mercato da un'illustre collezione privata.
Sempre più mossi dall'anelito di esplorare le nozioni metafisiche di spazio, limite, vuoto e materia, questi lavori di Leoncillo prendono le distanze dal realismo e dalla necessità di raffigurazione che caratterizzavano le sue prime opere, per giungere a un'astrazione informale che trovava fondamento nelle caratteristiche intrinseche dell'argilla, il suo materiale prediletto.
Questa evoluzione verso un'estetica maggiormente espressiva faceva seguito alla sua preoccupazione di rivelare la forma sostanziale della materia, aspetto che sviluppò dopo la collaborazione con Lucio Fontana in occasione della XXVII Biennale di Venezia nel 1954. Stabilendo un dialogo con le esplorazioni spaziali bidimensionali di Fontana, e prendendo spunto dalle prime opere ceramiche del suo compatriota, il cui orientamento si giocava tra i poli della rappresentazione e dell'astrazione, Leoncillo si propose di aprire i volumi, superare la materia e costruire lo spazio attorno al vuoto.
Plasmato, squarciato e perforato, Taglio bianco cerca, definisce e si muove lungo la linea che separa il punto statico dalla dimensione spaziale. L'artista dona al lavoro un senso di vita pura, volume e fisicità attraverso la modellazione manuale della terracotta che ha tagliato e profondamente ferito così da rivelare, attraverso le sue stratificazioni, il processo creativo. Questa manipolazione della purezza plastica della superficie, diretta e piena di energia, trova un ulteriore motivo di espressione nell'applicazione di uno smalto ad alta temperatura. Prediligendo una verniciatura bianca, Leoncillo evita tutti i colori al fine di evidenziare gli strati e la privazione dell'argilla, per concentrarsi su forma e materia. Taglio bianco, un lavoro intellettuale autonomo e profondo, rappresenta il culmine della ricerca di sperimentazione plastica ed esplorazione spaziale effettuata da questo artista la cui figura è centrale nella storia scultorea del XX secolo.
Cresciuto a contatto con la Scuola Romana di Mafai e Cagli, Leoncillo accoppia il mestiere all’impegno politico, da partigiano e militare comunista, partecipando nel 1946 al Fronte Nuovo delle Arti. Seguendo l’esempio di Lucio Fontana si specializza in ceramica, considerata ancora materia popolare e artigianale, e sviluppando quest’arte con una forte vena espressionista, con colori accesi e forme irregolari, che riporta a origini post cubiste.
Nel 1956 Leoncillo rompe con il Partito Comunista e si dedica a strade espressive più libere, abbandonando il figurativo a favore di una scultura Informale.
Di Leoncillo ricostruisce un affascinante ritratto critico Cesare Brandi:
“Il taglio, materialmente eseguito sulla creta, come con una mannaia, è la palese dimostrazione dell’intelligenza cubista di Leoncillo: rappresenta in atto la scomposizione del volume naturalistico in una serie di piani cromatici e luminosi, in cui viene dato contemporaneamente l’oggetto – che però è tutt’altro che naturale – e la sua elaborazione sintattica in una forma la più lontana dall’oggetto naturale. Anzi in questo oggetto risulta chiaramente l’attività di sostituzione con cui Leoncillo creava come una nuova natura, con delle materie pregiate – i suoi smalti, i suoi gres – che divenivano colore e luce, colore con la luce incorporata come quella delle pietre preziose. Per questo Leoncillo non poteva usare che la ceramica, esaltandola, da mezzo artigianale alla forma più autonoma e rarefatta.
Il Colore di Leoncillo non è allora né l’apprezzamento cubista in funzione di un volume, né il colore tonale di Morandi, ma è un continuo proporsi con sintesi di luce e preziosità di timbri.
Solo in Burri c’è la capacità di trasformare un colore opaco in un altro colore rispetto allo stesso colore brillante, e la sottigliezza con cui Leoncillo gioca nei passaggi da lucido a opaco, riuscendo sempre a conservare un titolo implicito di luce, deve dimostrare anche agli orbi la raffinata sensibilità cromatica dell’artista.
Il taglio che incide sulla carne stessa della scultura e la sfaccetta come un diamante, oltre a rappresentare, come si è detto, la fertilità della sintassi cubista, è una fonte di luce per la scultura, ne fa una specie di faro autonomo sulla luce naturale. Donde la difficoltà di illuminare queste sculture che emettono raggi ed esigono che tale intermittenza sia rispettata”.
(C. Brandi, Destino di Leoncillo¸ Roma 1982, in C. Spadoni, Leoncillo, Roma 1983, pp. 7-8)
Expanding upwards like a writhing flow of solidified lava that has been vertically lacerated to reveal a hollow crevassed interior, Taglio bianco (White Cut) is an exceptional example of Leoncillo's mature glazed ceramic sculptures: a rediscovered masterpiece that comes for the first time to the market from a distinguished private collection. Increasingly keen to explore metaphysical notions of space, limits, emptiness and matter, these works saw Leoncillo progressively move away from the realism and figuration that had characterized his earlier works to an Informal Abstraction that rested principally on the inherent qualities of his medium of devotion: clay. This evolution towards a more expressive aesthetic defined by its concern with revealing the inherent form of matter itself developed following Leoncillo’s collaboration with Lucio Fontana at the XXVII Biennale of Venice in 1954. Establishing a dialogue with Fontana’s two-dimensional spatial explorations, and building on his compatriot’s early ceramic oeuvre, which was similarly positioned between representation and abstraction, Leoncillo set out to open volumes, overcome matter, and build around the void to create space.
Shaped, slashed and perforated, Taglio bianco seeks, defines and moves the line between the static point and the spatial dimension. Leoncillo gives the work a sense of sheer life, volume and physicality through his vigorous hand modelling of the terracotta, which he has cut and wounded deeply so as to reveal the process of its creation through its stratifications. This direct, forceful manipulation of the plastic purity of the surface is further enhanced by the application of a highly-fired enamel. Opting for a white glaze, Leoncillo eschews all colour to highlight the layers and cuts within the clay, focusing on form and matter. An autonomous and deeply intellectual work, Taglio bianco represents the culmination of years of plastic experimentation and spatial exploration by this central figure in the history of 20th Century Sculpture.
Trained in the context of the Roman School of Mafai and Cagli, initially Leoncillo coupled his artistic vocation with his political sentiments, figuring as a partisan and militant Communist, while participating in the post-War Italian Fronte Nuovo delle Arti movement, founded in 1946. Following the example of Lucio Fontana, he specialized in ceramics – which was still considered a lowly, artisanal medium –, developing his own artistic style characterized by a strong expressionist vein, with bright colors and irregular shapes that reveal its undeniable post-Cubist origins.
In 1956, Leoncillo broke away from the Communist Party, choosing rather to devote himself entirely to free expression by abandoning figurative art in favor of an informal approach to sculpture.
Indeed, Cesare Brandi would reconstruct a fascinating critical portrait of Leoncillo, through these words:
"The cut, materially executed in clay, as if it were incised by a cleaver, is the clear demonstration of Leoncillo's Cubist intelligence: it represents the decomposition of naturalistic volumes into a series of chromatic and luminous planes, in which the object is simultaneously portrayed – as anything but natural – together with its syntactic elaboration into a form that goes far beyond that of a natural object. On the contrary, in this object the act of substitution through which Leoncillo creates a new nature is clearly evident in his precious glazes and stoneware finishes, which became color and light, color that incorporates light just as precious stones do. For this reason, Leoncillo could not use anything but clay, exalting it from its artisanal status to its most autonomous and rarefied form.
Colour for Leoncillo is therefore neither a Cubist contemplation of volume nor a tonal study like those of Morandi, rather it is a continuous synthesis of light and the precious tonal register of colour. Only Burri shared the ability to transform an opaque tone into a hue that differs from a shiny variant of the original colour, and the subtlety with which Leoncillo animated this transition between shiny and opaque – while always preserving the implicit role of light –, visibly demonstrates the artist’s rarefied chromatic sensitivity.
The incision that cuts into the flesh of the sculpture, faceting it like a diamond, represents both the fertile visual language of Cubist syntax, and a light source for the sculpture, creating an independent source of illumination from natural light. Hence the difficulty of illuminating these sculptures, which emit rays and demand that such intermittence be respected".
(C. Brandi, Destino di Leoncillo¸ Rome 1982, in C. Spadoni, Leoncillo, Rome 1983, pp. 7-8)